venerdì 26 novembre 2021
Ci furono un tempo delle riviste – “Scenario”, “Sipario”, “Il dramma” – che oltre a tenere informati su quanto accadeva nel mondo del teatro pubblicavano i testi di commedie messe in scena in Italia e altrove. Tempestivamente, in rapporto alle prime parigine, newyorkesi, londinesi, e non solo milanesi e romane. Il teatro era stato soppiantato dal cinema nelle frequentazioni del grande pubblico, ma continuava ad avere migliaia e miglia di spettatori, ed era teatro di parola, rappresentava opere di autori, vecchi o nuovi, famosi o no, premiati o no, difficili o facili che le riviste che ho ricordato spesso pubblicavano. Non parlo dei classici, i cui testi erano facilmente reperibili nelle collane economiche del tempo, Bmm e Bur, Oscar e Ue e Grandi Libri Garzanti e piccole collane specializzate come quella di Einaudi. Peraltro era ancor vivo un teatro popolare itinerante, e un teatro amatoriale che in provincia si era specializzato in Maestrine e Rose-Scarlatte e di cui era massimo autore Aldo De Benedetti, re dei telefoni bianchi. Si trattava pur sempre di teatro di parola, che aveva ai livelli più alti alcuni massimi sacerdoti e registi come Visconti e Strehler, e Costa e Squarzina. Si leggevano e si vedevano con emozione i classici, ma anche Brecht e O'Neill, Williams e Miller, Giraudoux e Anouilh, Eduardo e Brancati eccetera, il meglio del tempo, e talvolta, se si viveva nelle grandi città, li si poteva vedere/ascoltare in messinscene molto celebrate. Poi le avanguardie spazzarono via quasi tutto, e oggi, finita la loro splendida stagione, quel che resta sono attori che vogliono essere anche registi e autori, che si scrivono da soli i loro testi, o che rileggono quelli del passato con pochissimo rispetto, più o meno massacrandoli. Con l'intenzione di aggiornarli piegandoli alla propria rozza cultura. Registi/attori di oggi si fanno anche scrittori, ahi loro!, di nulla profondità e di immane narcisismo... Non è un bella stagione per il teatro, questa, e non solo non ci sono testi nuovi di valore (ah i Beckett e Pinter di appena ieri!), ma neanche si rispettano i Grandi, riducendoli alla propria povera misura, o semplicemente ignorandoli, sostuendoli con se stessi. Ho amato e venerato le novità portate dal Living, da Grotowski e Kantor, da Carmelo e da Romeo eccetera eccetera, ma che noia i post-avanguardia della cultura del narcisismo tipica del nostro oggi... quello di chi crede di non aver bisogno di un confronto serrato coi capolavori di ieri. L'unico a portare ancora ai classici il dovuto rispetto è forse Carlo Cecchi, ma troppo rare sono le sue apparizioni, e non credo egli ignori di essere una voce del passato, travolta anch'essa dal chiasso o sbadiglio del presente.
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