sabato 5 ottobre 2013
Potenza. Quale anno? Parecchi anni fa, ma come passa in fretta il tempo. Arrivai in macchina di notte dopo quello che mi parve un lungo viaggio. Una neve inaspettata copriva quella parte di strada davanti all'albergo dove mi aspettavano. «Ma come - dissi - la neve! Non siamo nel sud?». Era molto tardi e andai a riposare senza vedere niente della città. Questo rese più fantastico il panorama del mattino quando comparve davanti alla mia finestra una intera città, adagiata su una collina, completamente ricoperta di neve. Splendida, così vestita di bianco. Dopo un'accoglienza calorosa al mio modesto parlare sugli anni della ricostruzione italiana e sul futuro d'Europa, Emilio Colombo mi portò a vedere la sua casa nella parte alta della città che egli tanto amava. Ci eravamo conosciuti nei primi anni del dopoguerra quando avevamo fatto parte di un gruppo di studenti universitari italiani in un convegno indetto a Londra dalle varie forze politiche. Ricordo come, in mezzo a una folla vociante di giovani appartenenti a nazioni e ideali diversi, egli riuscisse a mantenere un atteggiamento d'equilibrio e sobrietà di parole. Posizione non facile quando si doveva far comprendere a chi aveva vinto l'ultimo conflitto che anche a noi, appena entrati in un mondo di libertà, era giusto dare credito e ascolto. Più tardi negli anni, Colombo, sempre sostenuto dal voto dei suoi concittadini, ebbe una strada politica di grande impegno e di meritate soddisfazioni, mentre viva rimase la nostra amicizia condivisa con la sua famiglia. Alla esposizione profonda e chiara nei termini dei suoi discorsi, che penso troveranno presto una degna pubblicazione, si accompagnava quell'atteggiamento gentile e cavalleresco da antico signore, proprio degli uomini del nostro Meridione. A questo suo composto e attento modo di sostenere anche posizioni politiche difficili sia in Italia, come nel complesso delle istituzioni nel mondo della Ue si devono le parole raccolte giorni fa a Palazzo Grazioli nel ricordo della sua scomparsa. C'era nel racconto dei relatori, pur appartenenti a differente storia politica, quasi una nostalgia per un periodo che, visto dal nostro momento così precario, ridonava vita a quel serio impegno e quella volontà comune per un futuro da condividere e da costruire. L'Europa sembrava più vicina. Gli anni ci hanno insegnato che ogni passo ha un suo costo e una sua fatica da superare che oggi, anche nel ricordo di chi ci ha preceduto, dobbiamo affrontare con decisiva volontà e rinnovata passione.
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