sabato 8 agosto 2015
Ieri sera, sedute su una panchina colorata di rosso e appoggiata alle mura della casa antica, la mia amica ed io guardavamo l'ultimo trionfo del sole che scendeva soffocato dal bosco. Gli alberi ricamavano nel cielo un merletto di punte aguzze, quasi il disegno di un bambino, poi l'ultima luce venne cancellata dal buio mentre la nostra Terra, accerchiata da mondi invisibili e da stelle lucenti, continuava a girare su se stessa quasi preda di una follia senza fine. Coscienti di vivere un tempo che aveva avuto un inizio furioso di fuoco ed acqua, ci sembrò che solo il silenzio poteva sopportare la richiesta del nostro esistere e del nostro sparire. «Tu cosa pensi? Dopo, qualcosa di noi andrà lì in mezzo a quei mondi lontani in questo cielo? E troveremo chi ci ha lasciato negli anni passati e io ti vedrò ancora?». «Non so, ma come un bambino crede alla madre, come un ragazzo si affida all'esperienza del padre, così anche noi dobbiamo chiudere gli occhi e credere che la Potenza che ha dato vita all'immensità che ci avvolge abbia aggiunto alla sua forza anche quel sentimento d'amore che è fiorito nella nostra umanità. Solo allora è nata la bontà, la bellezza, la gioia, il canto, l'affetto, che sono il bonus che ci è stato affidato al nostro primo grido alla vita. Accettare il mistero in fondo non è difficile, è come sentire ancora sulle nostre spalle il sostegno dell'abbraccio del padre, di chi altro ci ha voluto bene. Abbandonarsi alla fede, è come dare fiducia a chi ci ha amato o ci sta ancora vicino». «Qui, sotto questo cielo di stelle tutto sembra facile, ma il dolore, l'ingiustizia, la vendetta, l'odio che costruisce armi e uccide innocenti, la povertà che porta alla morte per fame e tutte quelle orribili azioni di cui ogni giorno abbiamo notizia, entrano in questo disegno di una comune fratellanza, di una pace felice? Io non saprei rispondere a me stessa se non con un senso di impotenza che mi fa sentire inutile e povera nell'animo». «Ieri una persona che non vedevo da molto tempo e che aveva felicemente superato difficoltà fisiche e malattia, mi dice che da tanti anni, assieme alla sua famiglia, prega per me. Così, quasi fosse una cosa normale, quasi tutti pensassimo all'anima dell'altro, di cosa ha bisogno, come dare aiuto alla sua pena. Fu come ricevere tra le braccia aperte una cascata di acqua fresca in un giorno di caldo bruciante. La vera risposta alle domande di questa sera, passata sulla panchina rossa, davanti a questo cielo lontano, forse è questo pregare per le pene degli altri, di chi non conosceremo mai, di chi fugge la morte violenta, di chi cerca di mettere in salvo i propri figli. Ma ora rientriamo, incomincia la notte e il freddo scende dalle montagne e si fa sentire».
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