sabato 23 agosto 2008
Amenità più o meno sconsiderate. Dagli Usa che eleggono il presidente rimbalza da noi sul "Riformista"(20/6, p. 1) una strana disputa: è meglio l'adulterio o il divorzio? Enrico Beltramini prende spunto dalle parole del candidato McCain: «Il mio maggior fallimento è stata la fine del mio primo matrimonio, però causata da una mia infedeltà» e apre il dibattito con sottili distinzioni tutte sue tra cattolici e protestanti, tra «impegno sacramentale» e «promessa reciproca», per concludere che forse McCain è stato un po' ipocrita, perché avrebbe dovuto accusarsi di più per la sua infedeltà che per il suo divorzio. Che dire? Che d'agosto in pagina si può tutto, ma che la questione posta in astratto, per ogni cristiano che ragiona, pare chiara: l'infedeltà matrimoniale, cioè l'adulterio, è sempre colpevole, mentre il fallimento di un matrimonio, e conseguente divorzio, può anche essere incolpevole, e subìto da una parte. Già: le idee cristiane e cattoliche su coppie e matrimoni sono troppo chiare e tu allora leggi, e un po' ti diverti, stesso "Riformista", stessa pagina, con l'«Idillio montano», a Cortina «tra Dio e Io», in cui la «coppia Scalfari-Bondi litiga solo su Berlusconi». E un po' ti diverti pure, stesso giorno, sull'"Unità" che a p. 9 " «"Parola di Dio". Ma nessuno dica "Parola di Jahvé" (sic! Ma andrebbe scritto "Jahvèh")» " mentre ironizza sul «Vaticano che sancisce» le norme relative alla lettura del «tetragramma» ebraico del nome divino, rivela totale impreparazione sul tema. Pesano in pagina le ferie del vaticanista!
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