giovedì 30 maggio 2013
Hanno attraversato il lago, sono nella regione dei Geraseni. Verso la zona dei sepolcri. Una luce livida scende dal sole bianco del mattino. Avanzano silenziosi. Tutto abbandonato in un colore crudo. D'improvviso da dietro uno tumulo esce un uomo. È completamente nudo. Agita le braccia. Pietre nelle mani. I discepoli con Gesù si arrestano, Pietro copre con il suo corpo la figura del maestro. Ma quello usa le pietre per battersi il petto dove già ha i segni di lividi e chiazze di sangue. Il corpo tumefatto è lurido, incrostato. Le gambe bianche di polvere fino al ginocchio. Poi prende a urlare rompendo il silenzio: «Cos'hai in comune con me, tu, figlio dell'Altissimo? sei venuto a disturarmi?». L'uomo impolverato e ferito si avvicina circospetto, strascicandosi. Faccia graffiata e barba nera lunga. Calvo, i capelli cresciuti solo ai lati spettinati. Digrigna, spalanca la bocca senza dire nulla. E viene ad accoccolarsi quasi ai piedi di Gesù, a meno di un metro. In un pugno ha ancora una pietra. Due occhi marrone con velature grigie e verdastre mostrano una follia intera e chiusa. «Come ti chiami?» dice Gesù. Quello senza guardarlo, prende a spulciarsi la pelle della spalla. Poi dopo qualche istante lo fissa negli occhi con pupille agghiaccianti: «Mi chiamo Legione, qui siamo in molti».
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