martedì 3 dicembre 2013
Le pubblicità elettorali per persuadere i cittadini pompeiani a eleggere, tramite il voto, certi candidati alle magistrature si dipingevano sulle pareti di Pompei in rosso o in nero, presso taverne, o lavanderie o fornai e simili. Ed erano tante, queste scritte, che una volta un ignoto cittadino di Pompei, preso da noia per tante scritte, a sua volta dipinse: «Mi meraviglio, parete, che tu non sia crollata in rovina giacché hai sostenuto la noia di tante scritte». Giudica tu stesso, lettore, quanto avesse ragione: ci sono pervenuti 1.500 manifesti elettorali. Due magistrature si assegnavano da eleggere tramite votazioni a Pompei ed erano gli edili e i duumviri. Questi potevano essere duumviri semplicemente oppure duumviri per l'esercizio della giustizia. I duumviri per l'esercizio della giustizia davano il proprio nome all'anno di elezione. I magistrati superiori – censori, consoli – si eleggevano a Roma. I manifesti per le votazioni erano pressoché fissi o rigidi. Nella prima delle tre linee si scriveva il nome del candidato in caso accusativo come complemento oggetto. Nella seconda linea lo scrittore dipingeva la formula abbreviata o.v.f., che significa “vi prego di eleggere”, oppure “vi prego affinché eleggiate” che è uguale visto che la lettera “V” può indicare sia la “V” (vos) sia la “U” (ut). Nella terza linea si scriveva la carica cui il candidato aspirava: e si declinava come accusativo predicativo dell'oggetto. Ad esempio: «Vi prego di eleggere Popidio Secondo duumviro». Spesso si aggiungeva qualcosa alla formula:, ad esempio «è degno dello stato». Le scritte venivano dipinte prima di giorno affinché i passanti non interrompessero l'opera degli scrittori. Poiché era notte c'era bisogno che intervenisse un lanternario. Poiché la scritta veniva fatta in alto, così che un viaggiatore dispettoso non vi aggiungesse qualcosa, veniva invitato uno scalario. Poi, siccome non era facile scrivere sugli intonaci rugosi, partecipava anche uno sbiancatore. Altro vi dirò in seguito.
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