Di ceto umile divennero segno di conversione per i potenti
sabato 11 settembre 2021
Cosa spinge i martiri a continuare a testimoniare il Vangelo nonostante le avversità, gli attacchi, le persecuzioni? Di fatto la loro non è una scelta di morte ma un inno alla vita, perché la fede per loro è come l'ossigeno. E così oggi la liturgia ci racconta la storia dei santi Proto e Giacinto, che pur appartenendo a un ceto umile ed emarginato divennero segni di conversione per i “potenti”. Secondo il racconto sulla loro vita – a tratti leggendario – erano schiavi, forse fratelli, eunuchi, al servizio della figlia di un nobile romano prefetto di Alessandria d'Egitto, Eugenia, che grazie a loro si convertì al cristianesimo. Ceduti dalla padrona alla nobile Bassilla, anche quest'ultima scelse il Vangelo grazie alla loro testimonianza. Per questo vennero denunciati dal fidanzato della donna e vennero martirizzati a Roma. Furono sepolti uno accanto all'altro nel cimitero di Bassilla (poi di Sant'Ermete) in un cubicolo che papa Damaso, nel quarto secolo, fece ripulire e che venne alla luce nel 1845.
Altri santi. Sant'Elia Speleota, abate (863-960); san Giovanni Gabriele Perboyre, sacerdote vincenziano e martire (1802-1840).
Letture. Romano. 1Tm 1,15-17; Sal 112; Lc 6,43-49.
Ambrosiano. Dt 11,7-15; Sal 94 (95); Fil 2,12-18; Mt 19,27-28.
Bizantino. 1Cor 2,6-9; Mt 10,37-11,1.
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