sabato 20 maggio 2017
In un Paese nel quale il ceto dirigente tende tradizionalmente a fuggire dalle proprie responsabilità, il passaggio dalla protesta alla proposta è un "salto mortale" che in pochi aspirano a fare. Eppure la questione sta diventando di estrema attualità rispetto al Movimento 5 Stelle e alla sua parabola di avvicinamento alle elezioni politiche: l'aumento delle possibilità di conquistare la guida del Paese sta cambiando il rapporto tra i pentastellati e i "portatori di competenze"?
Se poneste il quesito a qualsiasi esponente del Movimento vi risponderebbe semplicemente che non ha senso: perché nulla è cambiato e nulla cambierà, in nome di quella "verginità" che costituisce ancor oggi la constituency dei Cinque Stelle. Ma l'impressione è che non sia proprio così: sono numerosi gli indizi che inducono a ritenere che il lavoro sul programma e sulle proposte politiche, in corso in questi mesi, sia strutturato come mai prima. Nulla di tutto ciò sarà mai ostentato: il Movimento ha un'attenzione maniacale a non tradire il fil rouge consolidato della sua narrazione pubblica, che affida la «sovranità assoluta» al popolo attraverso la "piattaforma Rousseau". Per tutti i capitoli di un potenziale programma di governo c'è stata, c'è e ci sarà dunque la possibilità di votare online, slalomeggiando tra scelte di principio e di bandiera, proposte molto strutturate e petizioni ideologiche.
Ma gli anni di presenza nelle istituzioni non sono trascorsi invano. Perché è in atto probabilmente un "secondo tempo" del Movimento, caratterizzato dall'avvicinamento a competenze vere o presunte, e fatto di incontri riservati, di tavoli di lavoro, di seminari di confronto. La punta dell'iceberg è stato l'incontro organizzato l'8 aprile a Ivrea dall'associazione intitolata a Gianroberto Casaleggio e gestito dal figlio Davide. Focus sul lavoro, non a caso: il tema più sentito dagli italiani, quindi più redditizio sul piano del consenso elettorale, scelto dal Movimento per lanciare un'opa sull'elettorato di sinistra. Ma lo strumento per farla non è stato la rete, che ha dovuto lasciare il passo a un appuntamento fisico molto più tradizionale.
La svolta nasce dal fatto che alcuni tra i leader migliori del Movimento, da Di Maio allo stesso Casaleggio junior, hanno imparato la "lezione di Roma": il Movimento non può più permettersi di ripetere il grande errore compiuto nella Capitale dove i pentastellati non provvidero a dotarsi di una squadra di governo competente e coesa prima dell'esito del ballottaggio. Con tutte le conseguenze che i cittadini romani sono costretti a scontare oggi.
Nessuno può dire oggi se il "secondo tempo" del Movimento sarà migliore del primo. Ma rappresenta una svolta di cui è necessario tener conto, per abbandonare quelle letture "cabarettistiche" del Movimento che ancor oggi affollano troppi giornali.

@FFDelzio
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