martedì 27 agosto 2002
 Non esistono problemi; ci sono soltanto soluzioni. Lo spirito dell"uomo crea il problema dopo. Vede problemi dappertutto.Trovo questa citazione del Diario dello scrittore francese André Gide (1869-1951) all"interno di un articolo che sto leggendo. Come ogni paradosso anche questo ha la sua anima di verità. Tutti nella vita abbiamo avuto l"occasione di incontrare chi è capace di rendere ingarbugliato anche ciò che è lineare, di complicare ciò che è semplice, di perdersi in un groviglio di ipotesi pur di fronte all"evidenza delle soluzioni. È un gusto un po" perverso della mente, un alibi per non agire, un sotterfugio per creare sconcerto.Spesso questo vizio si alimenta con la parola che, anziché esprimere e descrivere la realtà, la vela e la confonde. Mi viene in mente il filosofo viennese Karl Popper che nel suo saggio La ricerca non ha fine osservava: «La via più sicura per la perdizione intellettuale è quella di abbandonare i problemi reali per i problemi verbali». Quante volte in politica, in filosofia e persino in teologia ci si lascia catturare dal funambolismo delle parole salendo verso le nubi e perdendo ogni aggancio con la realtà! Non per nulla si è coniato proprio per questa sindrome della mente il vocabolo «nominalismo», che raffigura il rischio di chi si affida ai nomi e alle parole perdendo per strada la sostanza e il significato. Senza cadere in un realismo becero, è invece necessario ritornare nel cuore della realtà e della vita.
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