mercoledì 4 settembre 2013
Sorprese e conferme. Per ordine: sul "Corsera" (1/9 "La Lettura", p. 3: «Il sacerdote che voleva dare la parola agli ultimi») Frediano Sessi ricorda don Lorenzo Milani, cui non capita spesso che sia messo in primo piano il suo essere prete. Ancor meglio subito dopo: «Dio come amore, Gesù come alimento quotidiano sono i suoi punti fermi». Lui, da lassù, ringrazierà… Stesso tema, ma al rovescio: il titolista del "Domenicale" del "Sole 24Ore" (30/6, p. 26) lancia un'impeccabile recensione di Roberto Carnero a "il Seminarista" raccontandola in un sommario come «Il romanzo postumo dell'ex sacerdote Bianchi (1920 - 2011), un capolavoro inatteso». Ma don Luisito Bianchi è stato fino alla morte prete e cappellano del monastero di Viboldone. Qualcuno nell'inserto culturale del "Sole" pensa che se uno scrive «un capolavoro» non può essere prete fino in fondo! E la conferma? Provvede "Repubblica" (2/9, pp. 46-47: «Ave Maria laica») ove il docilissimo Vito Mancuso racconta «L'inchiesta di Augias e Vannini sulla ragazza che divenne mito». «La ragazza che divenne mito»? Elementare: Maria di Nazaret! Come al solito Augias, quando scrive, per i suoi "delitti" cerca sempre un complice, e stavolta – dopo aver avuto Pesce, Cacitti e proprio Mancuso nei precedenti – ha chiamato come guida Marco Vannini, noto «esperto di mistica». Lo sventurato ha risposto, e da ciò che scrive Mancuso capisci che più che guidare è stato guidato dallo specialista in "inchieste" che cominciano già con le conclusioni, nero su bianco. Dunque Mancuso incensa l'Augias ironico su 2.000 anni di storia e devozione del «mito» di Maria, ma per fortuna ha un sussulto di dignità – uno solo! – annotando che i due su un tema essenziale… «dimenticano» – bel verbo, vero? – i testi evangelici espliciti: Matteo 1, 16 e Luca 1, 35. Poi però si inchina di nuovo, avvertendo che Vannini «si colloca volutamente oltre il Cristianesimo». Vannini "oltre", Augias "contro". E Mancuso? Bella domanda!
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