martedì 17 marzo 2015
Pretese: talora in pagina fin dai titoli. Ieri due diversissime. Su Repubblica (pp. 13 e 14 intere): «Dall'Islam all'Apocalisse anatomia del Califfato: Ecco cosa fa, cosa vuole e come si può sconfiggere». Tre promesse, ma poi leggi e nonostante ogni sforzo ti accorgi che in fondo è una serie di affermazioni dalle quali niente altro capisci salvo la promessa non mantenuta, e alla fine resti solo con tre interrogativi. Le risposte alla prossima, speriamo. Altra "pretesa"? Sul Foglio (p. 5 intera, «Troppa grazia, caro Papa») l'accusa diretta a papa Francesco per il quale la «misericordia (è) onnipotente» e la «giustizia dietro la lavagna». La sua è una scelta fallimentare che in pratica ha prodotto «l'insulto sferzante verso chi nella Chiesa terrebbe alla funzione salvifica della giustizia». Nella collana di pretese leggi che «la chiesa» di Francesco, come voleva «il pensiero del biblista e gesuita Cardinale di Milano, Carlo Maria Martini» è «instradata... sulla strada del postmoderno». Segue anche una ruvida spazzolata alle «preghiere del Papa emerito ritirato in un altro compound vaticano». «Compound»? Testuale: in una "gabbia"! Delicato. Per poi subito lamentare «l'insulto sprezzante» – non il suo appena annotato, ma quello di Maradiaga, confratello «fieramente honduregno... diretto al cardinale Gerhard Müller» che è «misericordioso anche verso la giustizia divina, di cui riconosce la funzione salvifica»...La conclusione ti parrebbe interlocutoria: «Ora vedremo cosa combineranno (Francesco e i suoi, tutti sulla cattiva «strada» di Martini, ndr) in settembre-ottobre al Sinodo su sesso e famiglia e matrimonio». Ma è illusione: il finale è anche peggio! È libertà: la parresìa va riconosciuta a tutti, anche agli "atei devoti" instradati a essere solo devoti a se stessi.
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