sabato 21 aprile 2012
Ieri sulla "persistenza degli stereotipi" che falsificano ogni lettura. Uno per esempio ripete – adesso su "Il Fatto" (19/4, p. 1 e 18), e prima, dal 2005, su altra testata – che questo Papa è «in crisi» e «al tramonto». Già al mattino del 19 aprile 2005 qualcuno profetizzò che Ratzinger col discorso sulla «sporcizia nella Chiesa» si era «definitivamente autoescluso dalla elezione». Ebbene, in tema di pregiudizi rileggo queste parole di Giovanni XXIII nell'imminenza del Concilio: «Colla grazia di Dio avremo di mira ciò che è più necessario rinsaldare e rinvigorire nella compagine della famiglia cattolica (e) presenteremo la Chiesa in tutto il suo fulgore… e diremo a tutti gli altri che sono da noi separati, ortodossi, protestanti, anglicani: vedete, fratelli, questa è la Chiesa di Cristo. Noi ci siamo sforzati di esserle fedeli, chiedendo al Signore la grazia che essa resti così sempre come Egli l'ha voluta. Venite, venite, questo è il cammino aperto all'incontro, venire a prendere o a riprendere il vostro posto, che, per molti di voi, è quello dei vostri padri antichi…» (Discorsi, Messaggi, Colloqui, 1, pp. 710-711). Domanda: appello gioioso e fraterno o pretesa offensiva per la realtà delle Chiese diverse nel loro cammino storico? Allora grande eco positiva e dialogante e nessuno parve offeso. Altra domanda: ma se oggi Benedetto XVI scrivesse o dicesse queste cose, chissà che tumulti in tante pagine, a cominciare da parte di qualche "teologo" riverito, che ieri ("Repubblica", p. 1 e 30/31) accanto all'affermazione che «i dogmi della Chiesa non convincono più» si offriva per rivelare ai lettori chi veramente è «Il Dio personale del secondo millennio»? Sono i danni della «persistenza degli stereotipi»…
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