venerdì 8 febbraio 2013
Evviva Prandelli. Appena s'è accorto che stava collezionando la sesta sconfitta “amichevole” ha lasciato perdere i princìpi tattici spagnoleggianti e verso la fine di una delle più brutte partite azzurre s'è affidato a Gilardino, ovvero alla tradizione, ovvero al giocatore chiamato a rincalzare una prima linea di puro valore mediatico. Il vecchio Violinista - rinato a Bologna come tanti altri artisti decadenti, vedi Baggio, Signori, Di Vaio, dati al lavoro assiduo e rigenerante più che ai tortellini in brodo - ha fatto la sua parte con la disinvoltura del professionista esperto e ha consentito al pirlino Verratti di pareggiare i conti, prendersi il giusto applauso e far dimenticare, almeno per una sera, il Gigante e il Bambino, il Rodomonte e il Faraone: insomma, Mario Balotelli e Stephan El Shaarawy, quelli che domenica notte - affiancati da quel diavolo di Niang - avevano dato spettacolo di fratellanza a San Siro, come a Parma contro la Francia, qualche tempo fa. Quando i protagonisti li decidono i media non si va lontano. Pablito Rossi arrivò ai Mondiali dell'Ottantadue ch'era considerato un fantasma ribollito, nel Novanta Totò Schillaci era Compare Nessuno, per Buffon e Cannavaro nel Duemilasei s'invocava il licenziamento, Pirlo fu scaricato dal Milan perché esaurito. E via così. Per Balotelli - quello sciagurato che prende le multe per divieto di sosta a Linate - non è valsa neppure la brutta botta incassata da un olandese che giocava alla maniera di Vasco Tagliavini, francobollatore emerito d'antan. Ma soprattutto non si è voluto far carico alla Nazionale - in diretta e nei commenti del dì seguente - di un centrocampo assente e di una assoluta pigrizia a fronte della rabbia agonistica degli olandesi di Van Gaal, così diversi dal prototipo poetico di Rinus Michels. Sarebbe bastato far altre due-tre gaudiose traversate palle al piede, com'è toccato una volta a Pirlo, e avremmo vinto alla grande; e invece ci siamo salvati dall'ennesima figuraccia con il furoreggiante finale: a dimostrazione del fatto che gli azzurri ci tengono, alla Nazionale, e che caratterialmente e fisicamente sanno reggere anche le faticate di metà settimana utili più al rinsaldarsi di vincoli solidali che alla ricerca di nuovi schemi. E in ogni caso, non date troppo peso alle amichevoli: ci fu un indimenticato Ct, Edmondo Fabbri, che collezionò una esaltante serie di vittorie en amitié e poi, arrivato a Londra, nel '66, tutto finì in Corea (Middlesbrough, non ti dimenticherò mai). Alla fine, credo che Prandelli - commenti d'obbligo a parte - sia rimasto più soddisfatto dal risultato dell'Under 21 di Davis Mangia che ha esibito a Andria - battendo per la prima volta la coetanea Germania - Sansone, Saponara, Insigne, Immobile, Borini e Paloschi e altri Bravi Ragazzi. A Brasile 2014 ci si deve arrivare a ritmo di samba, rinunciando al valzer lento di Amsterdam.
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