martedì 13 dicembre 2016
Ogni giorno, bene o male, in pagina porzioni di religione. Ieri, per esempio, in parecchi ricordi di un sapiente e cordiale amico di ebraismo e cristianesimo, Paolo De Benedetti (“Corsera”, p. 36, “Repubblica”, p. 34, “Stampa”, p. 39, e con titolo significativo: «De Benedetti; fedeltà ebraiche e convinzioni cristiane»). Incontrato più volte, in convegni e altro, tra cui una in cui ebbi l'onore di accompagnarlo a casa. “Simpatia” diffusa per il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e insieme per il Dio di (genitivo epesegetico: dunque “che è”) Gesù di Nazareth. Vero uomo di pace... Diversa un'altra porzione di religione forse un po' indigesta sul “Giornale” p. 24: «Ho fatto il becchino e il falegname. Ciò che conta davvero è tacere e fare yoga». Parlerebbe un eremita, che dovrebbe appartenere ai Piccoli Fratelli di Charles De Foucauld... Leggi, e allora ti sorprende che, dopo questo titolo a effetto, una sintesi del suo pensiero sia espressa in modo davvero sommario e sconcertante: «Per ritrovarsi non si può stare tra la gente»! Una forzatura che porta a un equivoco, e grosso. Infatti, pensando un po' al Vangelo, e a Charles De Foucauld, ti viene da dire che può andare bene per “ritrovarsi”, ma una volta “ritrovatisi” (cioè convertiti davvero), allora è necessario stare tra la gente, e chi non sta tra la gente ha perlomeno sbagliato religione... Con una precisazione: si può stare “realmente” tra la gente – e penso a Teresa di Lisieux – anche restando in un convento, apparentemente “sepolti vivi”, ma allora il cuore e il pensiero fraterno e missionario sono sempre e tutti orientati alla fraternità universale, senza confini: così appunto Charles De Foucauld, che è andato a vivere, e morire, tra la gente Tuareg del deserto e la stessa Teresa, fino alla fine sorella universale soprattutto dei lontani, dei peccatori, dei disperati... Bella diversità!
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