sabato 23 marzo 2019
Agitazione: ieri in un piè di pagina14 (“La Verità”) titolo perentorio: «Le posizioni del Congresso delle famiglie coincidono con la dottrina della Chiesa»! Nessuna sfumatura: evidente la polemica con la voce del cardinale Parolin che serenamente – qui 20/3 p. 10 – ha detto il suo «accordo sulla sostanza, non sulle modalità» con le quali si presenta l'evento. Seguono 6 colonne di accuse a «teologi, teologhe, teologastre» che osano pensarla come Parolin, ma cerchi l'obiettivo della polemica e ti accorgi che il vero accusato è – solito ritornello – il Vaticano II, con voci di nostalgie di un mondo del passato, e quindi di una Chiesa “altra” che come “altra” non esiste. Infatti la distinzione tra sostanza e modalità di ogni annuncio del Vangelo è da sempre realtà della Chiesa Cattolica che il Concilio, questo Concilio forse più di ogni altro, ha offerto all'uomo di oggi, non alle nostalgie di un passato che non esiste più. Bersaglio, dunque, l'autorità del Concilio con le solite accuse soprattutto a chi lo guidò fino alla fine. E qui ripenso a una lettera del 29 giugno 1975 che Paolo VI scrisse a Lefebvre – rottura già consumata proprio in quel giorno consacrando illecitamente nuovi sacerdoti – con questa affermazione: «Il secondo Concilio Vaticano non è meno autorevole, anzi per taluni aspetti è più importante del Concilio di Nicea» (Cfr. La Doc. Catholique, 58 (1976) p. 34). Più di Nicea! Concetto tanto forte che il cardinale Villot, segretario di Stato (cfr. Yves Chiron, “Paolo VI. Un Papa nella bufera”, Lindau, 2014, p. 389), propose di cancellare o ammorbidire la frase, ma Paolo VI volle che l'affermazione così rilevante fosse mantenuta. Ecco: Vaticano II «importante» come, e «più» di Nicea (325 d. C) il Concilio che fissò il testo del “Credo” e le formule della fede cattolica. Con buona pace per tutti, a Verona e altrove.
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