Più; ricerca, allevamenti migliori
sabato 12 aprile 2003
  La capacità di competere in un mercato sempre più difficile passa anche per la scienza. È un principio valido da sempre, spesso però trascurato. Anche dall'agricoltura. Pur se, in fin dei conti, gli stessi principi del marketing dicono che senza un buon prodotto si fa poca strada. Eppure è così, ma non sempre. È il caso della zootecnia che fonda ' quote latte a parte ' buona parte della sua qualità non solo sulla tecnologia, ma proprio sulla ricerca con intensi programmi di selezione genetica del bestiame. E non potrebbe che essere così, visto che l'avere capi di allevamento con determinate caratteristiche produttive, è determinante per arrivare ad un prodotto spendibile sul mercato. Soprattutto adesso. Cambiano, infatti, ancora una volta gli scenari di mercato.Stando a Nomisma, che per l'Associazione Italiana Allevatori ha effettuato una ricognizione della situazione stabilendo proprio un legame fra ricerca, economia e mercato, i cambiamenti dei prossimi anni imporranno al nostro sistema zootecnico di sviluppare una nuova capacità di competere per rispondere allo sviluppo della concorrenza internazionale e per accompagnare l'allargamento dell'Unione europea a nuovi 10 paesi membri. Un mercato che conta oltre 75 milioni di abitanti, 40 milioni di ettari coltivati, e che possiede ampie potenzialità nel campo zootecnico con un patrimonio di 10 milioni di capi bovini di cui 4,5 milioni di vacche da latte, e poco meno di 40 milioni di suini macellati annualmente. Poi, ci sono i consumatori. L'ultima indagine Eurobarometro, ha confermato che i cittadini europei chiedono due cose all'agricoltura e alla sua politica: prodotti sani e sicuri (90% dei cittadini) e il rispetto dell'ambiente (88% dei cittadini). Da qui il senso dell'accelerazione che occorre dare anche alla ricerca. Intanto, i problemi di mercato rimangono e Bruxelles sembra non aiutare fino in fondo la crescita della zootecnia. La Commissione Ue, infatti, ha annunciato la riduzione del 26% dell'aiuto all'ammasso privato dei principali formaggi Dop italiani (Grana padano, Parmigiano reggiano, Pecorino romano e Provolone). A dirlo è stata Assolatte (che riunisce le industrie del latte italiane), che ha spiegato come questo sia l'ultimo dei tagli che l'Ue ha esercitato, sottolineando che la misura si aggiunge ai tagli che Bruxelles aveva già imposto negli ultimi due anni e che hanno fortemente inciso sui bilanci delle aziende italiane. Se diventa anche difficile ammassare il formaggio che non si riesce a vendere, il mercato continuerà a soffrirne. Tutto mentre sul prezzo del latte - la cui campagna di commercializzazione è iniziata il primo aprile scorso - la rottura fra produttori e aziende sembra totale. Tanto che in Piemonte, una delle regioni più interessate, c'è chi ha già bollato come "provocatorie" le posizioni delle industrie, mentre in altre regioni, come la Lombardia, si è minacciato il blocco degli stabilimenti.
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