domenica 1 dicembre 2013
Un maestro di politica, che anche per le res gestae (le cose fatte) ha segnato la storia d'un secolo, diceva che in politica le sfumature sono tutto. Era un cattivo maestro: il discrimine sono le sue scelte strategiche; e certo della impresa principale da lui compiuta resta poco, se non dentro i libri: soltanto macerie nelle coscienze e nelle città degli uomini. Ma l'asserzione riportata all'inizio ci insegna ancora qualcosa di vero. Proprio l'assoluta ignoranza delle sfumature, nelle analisi (chiamiamole analisi) e nelle proposte (chiamiamole proposte), rivela il vuoto di non poca attuale politica. Lo squilibrio delle parole e dei gesti rispecchia la grave crisi di senso, di valori. I discorsi divengono estremi e generici, i comportamenti si discostano dalla realtà, nell'assenza d'ogni progetto e d'ogni capacità di incidere positivamente sulle cose. In questo senso è giusto chiamarla antipolitica. Cesare Zavattini raccontava la storiella della gara a chi dice il numero più alto, vinta da un tale che aveva urlato per ultimo: più uno. Ecco, è ciò che succede a noi: solo che in certi settori della nostra politica, minacciosamente ampi, i più uno si vanno moltiplicando all'infinito. (Il cattivo maestro, forse meno cattivo di altri, si chiamava Vladimir Ilic Uljanov detto Lenin).
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