sabato 6 novembre 2021
Quasi duemila miliardi di riserve. È il "tesoro" custodito dagli italiani, cittadini e imprese: la pandemia lo ha accresciuto ulteriormente, portandolo dai 1.823 miliardi di dicembre 2019 ai 1.956 miliardi di dicembre 2020. Una cifra superiore a quella del Prodotto interno lordo, un record che (in percentuale rispetto alla popolazione) non ha eguali nel mondo. Nell'ultimo anno è cresciuta, in particolare, la liquidità degli italiani sui conti correnti: il saldo totale è arrivato a 1.348 miliardi, in aumento di oltre 166 miliardi (+14%) in 12 mesi. Ma attenzione: questi dati apparentemente positivi nascondono in realtà una serie di elementi negativi, su cui val la pena riflettere.
In primis, l'era Covid ha aumentato notevolmente il livello delle disuguaglianze nel Paese: nell'interpretare numeri del genere, dunque, occorre (sempre più) applicare la regola del "pollo di Trilussa". Inoltre, la gran parte della ricchezza degli italiani viene utilizzata in attività molto liquide: depositi e conti corrente. In questo senso la pandemia ha esasperato un fattore che era già presente in Italia: i detentori della ricchezza tendono a custodirla in attività lontane dall'impiego produttivo. Ragione per cui le aziende italiane sono storicamente dipendenti dal credito bancario per finanziarsi.
Ma ciò che colpisce maggiormente - come segnalano in una interessante analisi su lavoce.info Francesco Scervini e Serena Trucchi - è il legame molto forte tra aumento dei risparmi e peggioramento delle aspettative sul futuro dei figli. A seguito della pandemia si è verificata una generale crescita dei tassi di risparmio nei Paesi Ocse, in particolare Stati Uniti e Unione Europea: una parte di questo risparmio degli ultimi 18 mesi è evidentemente "forzato", perché causato dalle restrizioni al consumo di molti beni e servizi. Ma la crescita del risparmio più forte si registra nei Paesi dell'Europa del Sud e dell'Est, a causa di un fenomeno definito "motivo precauzionale intergenerazionale": in questi Paesi nei quali il tasso di disoccupazione giovanile è più alto, l'accesso dei ragazzi al mondo del lavoro è più complesso e gli strumenti pubblici di supporto al mondo giovanile sono meno efficaci, i genitori tendono a risparmiare di più per sostenere i figli adulti in caso di difficoltà. Questa forma di preoccupazione e quindi precauzione cade invece nei Paesi del Nord Europa, dove i giovani possono contare su un sistema di welfare e di sostegno pubblico dei redditi più sviluppato.
Più aumenta l'incertezza sul futuro e sulla condizione dei giovani, dunque, più crescono i risparmi (partendo da un livello storicamente già molto elevato) in Italia. Creando un circolo vizioso in cui meno chances per i figli inducono le famiglie a investire meno nell'economia reale i propri risparmi, generando un'ulteriore strozzatura rispetto allo sviluppo delle imprese e dell'occupazione. È necessario spezzare rapidamente questa spirale perversa. Investendo, finalmente, sui giovani e per i giovani.
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