domenica 8 marzo 2020
Più brave nel voto di laurea, più regolari nel curriculum di studi, più motivate culturalmente e socialmente, più esigenti e quindi più severe nel giudicare professori e Corsi. Ma se passiamo alla pagina due, vale a dire al mondo del lavoro, tutti questi segni più si convertono nel segno meno: rispetto ai maschi, minore occupazione, minore qualificazione del lavoro, minore retribuzione, minori contratti a tempo indeterminato, minori tutele sociali, minori posizioni apicali. Questo quadro, ben presente alla nostra comune esperienza quotidiana, è certificato a colpi di numeri anche dalle ultime rilevazioni di AlmaLaurea, il Consorzio Interuniversitario che cura il profilo e la condizione occupazionale dei laureati. Non è solo una questione di giustizia e di riconoscimento dei diritti, ma anche di convenienza economica, di produttività, di crescita del Pil, come dimostra un recente studio del Fondo monetario internazionale. Non è neppure una questione di quote rosa e di parità di genere, che si risolverebbe in un conflitto di «opposte "volontà di potenza"», ma di un diverso sapere: «Per questo non diremo mai che la donna debba essere uguale all'uomo: per certi versi dovrebbe essere il contrario» (María Zambrano). Il nostro è un sapere "disincarnato" il loro "sta piantato nell'esistenza". Se la vita viene di lì, ci sarà ben un motivo.
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