Il fiume Adda dista da casa mia una mezza dozzina di km che percorrevo a piedi con lo zaino. Il bosco di Villa scorre lungo la riva, dove non manca la Madonnina che quieta le acque. Lì si sono rifugiati i partigiani, sostituiti poi dai fascisti in fuga. Una piccolissima foresta nera lombarda. Nella cascina di Villa Pompeiana erano stati fucilati un manipolo di partigiani e un mio professore, allora diciassettenne, aveva fatto parte del plotone d'esecuzione. Il ragazzo, poi condannato a morte, si salvò dopo un fatto d'armi, che gli lasciò sul volto una lunga cicatrice. Ogni 25 aprile, il mio insegnante sembrava un'ape impazzita e girava, senza meta, in auto fino allo scadere del giorno. Per la mia adolescenza quel bosco divenne una buona palestra naturale. Una sera, io e un amico esitiamo un po' a piantare la tendina su un isolotto, guadando con l'acqua al ginocchio. Ci sono lampi a raffica e un vecchio pescatore ci incoraggia. «Lampi di tramontana, lampi di caldana». La notte, senza stelle, ci aggredisce col vento. L'acquazzone è improvviso. Sbaraccando, il guado è salito a mezza coscia. Con qualche batticuore, ce la si fa. Ora capisco meglio la funzione di quelle Madonnine azzurre, nel folto del verde. Mi volto verso la corrente rovinosa e la piccola isola di ghiaia non c'è più.
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