sabato 29 agosto 2015
«Sul tema del perdono troppa disinformazione»! Così ieri ("Osservatore Romano", p. 7) sulle polemiche per la richiesta di Papa Francesco nella realtà accolta fraternamente dal Sinodo valdese metodista. A parte però gli equivoci giornalistici, per cui si è scritto di un «rifiuto» – l'opposto della realtà – può essere occasione per il sempre doveroso esercizio di "memoria" – qualcosa più che ricordo – tra presente, passato e futuro. Leggo: «Abbandonarono le loro case, con mogli e figli, grandi e piccoli, sani e malati, trascinandoli… Tutte queste migliaia di persone, povere e malvestite, costrette a fuggire senza poter portare quasi nulla (…) si raccomandavano a Dio ed erano risolute a giungere fino all'estremo pur di non cambiare Religione (…) Tanto più che ognuno conosce i grandi vantaggi che vengono offerti in quelle terre a tutti coloro che abiurano (…) l'esenzione dalla taglia e da ogni altra imposta dal giorno dell'abiura».Testo attuale che pare raccontare la fuga tragica di questi tempi dei tanti disperati alle prese con l'Isis? No. Brano di un libro di Enea Balmas (Torino, 1987, pp. 220-221) sulle persecuzioni ad opera di milizie regie e di bande di ultras "cattolicisti" nel 1655, con un massacro terribile del 22 aprile: fatti di storia reale. Le persecuzioni armate e spietate dei "waldenses haereticos" iniziarono nel 1179, con un decreto di Alessandro III, e si protrassero per secoli. Il perdono necessario è attuale e sempre urgente. Annoti pure che chi lo chiede non è direttamente colpevole, e chi lo concede non è direttamente vittima, ma esso non cancella dolore e vergogna di un passato che non deve tornare. E perché non torni non deve essere dimenticato. Fa male, certo! L'operazione chirurgica necessaria fa male, ma è vita: nel caso terrena ed eterna.
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