domenica 6 dicembre 2015
Le discussioni sul Natale (presepi nelle scuole, alberi nelle piazze, figurine nelle fiere natalizie, preoccupazioni nel mondo commerciale, rispetto – o paura – dei musulmani…) non si sono ancora spente, mentre la linea di difesa dall'abrogazione si arrocca sulla tradizione o, al massimo, sulla libertà. Argomenti reali ma insufficienti e rivelatori dei loro perché. La Stampa, per esempio (giovedì 3), esulta e titola: «Consumi, dopo 7 anni il primo Natale positivo» e, il giorno successivo continua a gioire perché «l'Italia sorride, a Natale il giocattolo cresce». Il contrario, invece, a New York, Times Square: sulla facciata del Toys R Us, un grande cartello annuncia che «questo è l'ultimo Natale». Come se la chiusura del «paradiso dei giocattoli» annunciasse la fine del mondo. Il Giornale è preoccupato (venerdì 4) perché «Niente albero di Natale e veglione a rischio a Parigi», che «si arrende al terrore del Califfo» ma gioisce, rigorosamente in inglese, perché in Darsena, a Milano, si è realizzato «un Christmas Village», con annessi «mercatino e pista da pattinaggio sull'acqua nel porto dei Navigli». Libero (giovedì 3) se la cava affermando che «non abbiamo alcun titolo per difendere il presepe, se non quello di averlo sempre fatto»: Mario Giordano, che l'ha scritto, non conosce altre ragioni. La Repubblica parla così del «pasticcio di Natale»: «Lo spettacolo di Salvini con il presepio in mano era penoso. Se c'è un movimento politico che nasce "pagano" nel senso tecnico dell'espressione, compresi riferimenti ancestrali, gergo, riti, questo è la Lega»: osservazione assai apprezzabile. Non apprezzabile, invece, una nota successiva: «La fede religiosa degli italiani, come notava già Leopardi nel 1824, è spesso di superficie, basta poco a farla vacillare». Giudizio partigiano, questo: ieri di un grande poeta ateo e oggi di un Corrado Augias. Unica, fra i quotidiani, infine, a tirare in campo anche il Crocifisso nelle scuole definito «segno di possesso territoriale» è, ancora Repubblica (venerdì 4), con il citato Augias che, nel nome della "laicità" dello Stato, ritira fuori una bandiera ormai stinta. Duemila anni fa non è nato un pupazzo rosso, ma un Bambino vero che era Figlio di Dio. Uno Stato davvero laico tutela la fede di ogni cittadino e non se ne crea una propria, come ha fatto la Francia, che ha reso obbligatorio in tutte le scuole, anche cattoliche, l'insegnamento della «Morale laica della Repubblica». Un'eredità da «la sola religione dello Stato» del vecchio e nostrano Statuto albertino (1846).I "DIRITTI CIVILI"Da Repubblica, (giovedì 3): un immigrato tunisino salva una donna di 70 anni che voleva suicidarsi nel Tevere. Sarà premiato. Se domani, però, il principio di autodeterminazione divenisse legge, come vuole Umberto Veronesi, quell'eroico giovane sarebbe condannato per violazione del «diritto di morire». I fiumi: vietati agli eroi.
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