giovedì 14 settembre 2017
Il grave problema delle violenze sessuali e di genere, in particolare della violenza maschile contro le donne ("emergenza sociale tragica e inquietante", l'ha qualificata il presidente Mattarella), non cessa di preoccupare e di fare, giustamente, notizia. In questa rubrica lo scorso aprile commentammo la sentenza 2 marzo 2017 della Corte europea dei diritti dell'uomo (Talpis contro Italia), che ci aveva condannato a risarcire una donna straniera, residente in Italia, vittima di gravi maltrattamenti familiari, in quanto, secondo la Corte, magistratura e polizia giudiziaria non avrebbero predisposto tempestivi accertamenti e adottato provvedimenti incisivi nei confronti del marito, già indagato per lesioni personali e maltrattamenti, e successivamente responsabile dell'omicidio del figlio e di gravi lesioni alla moglie.
A fine maggio ha suscitato un certo interesse nell'opinione pubblica una sentenza del Tribunale di Messina, che ha condannato la Presidenza del Consiglio al risarcimento del danno patrimoniale derivato dalla morte della madre di tre minori, uccisa dall'ex coniuge al termine di una lunga vicenda di minacce e querele incrociate: secondo il Tribunale, i magistrati della Procura della Repubblica di Caltagirone, omettendo atti di indagine rispetto a una serie di fatti denunciati e misure volte a neutralizzare la pericolosità dell'ex marito, hanno commesso una grave violazione di legge con negligenza inescusabile, ai sensi della previgente legge Vassalli sulla responsabilità civile del giudice. A conforto della pronuncia, il Tribunale richiama proprio la sentenza Talpis, nella parte in cui afferma la necessità che uno Stato non si limiti a tutelare legislativamente i soggetti più vulnerabili, ma assicuri loro protezione effettiva. Al di là delle valutazioni su quest'ultima pronuncia appare evidente la necessità di procedure affidabili e generalizzate che garantiscano la massima tutela delle vittime.
Credo vada allora considerata con interesse la decisione unitaria del Csm di censire le migliori prassi operative e di costruire rapidamente, sulla loro base, un modello operativo da proporre agli uffici giudiziari per potenziare la capacità di prevenire tali fenomeni delittuosi e, sul piano repressivo, di promuovere procedimenti penali tempestivi. Il contrasto alle violenze sessuali passa infatti attraverso una pluralità di azioni, tra loro coordinate: si tratta di co-educarci al rispetto reciproco, combattere arretratezze culturali, migliorare controllo del territorio e standard di sicurezza. Ma anche il sistema giudiziario può concorrere, migliorando e uniformando procedure e metodi. Contro le violenze sessuali, ciascuno (persone, associazioni, istituzioni) faccia la propria parte.
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