mercoledì 16 febbraio 2022
Si legge un libro per il suo contenuto (romanzo, saggio, biografia, raccolta poetica), ma chi ama i libri non si ferma lì: osserva il libro anche come oggetto, apprezza se è stampato bene, se la disposizione del testo ha una sua estetica... insomma, se è un bel libro. Belli non sono soltanto i libri preziosi rilegati in pelle, con carta filigranata, caratteri esclusivi: bello è anche un tascabile se ha i margini giusti, se l'interlinea facilita la lettura, se i capitoli si aprono con la giusta spaziatura dal titolo. Per capire se un libro è "bello", e perché lo è, è utile il testo di Jan Tschichold, La forma del libro (Ronzani Editore, pagine 250, euro 16). Tschichold (1902-1974) è un'autorità in materia ed è considerato fra i massimi esperti nell'arte tipografica del 900, forse il massimo. Giovanissimo, negli anni '20 e '30 era partito con idee innovative sul design tipografico "modernista": impaginazioni asimmetriche, introduzione di elementi geometrici nella pagina, e così via: gradualmente, però, riscoprì l'equilibrata bellezza dei libri antichi, secondo un'interpretazione scientificamente aggiornata. Nel 1933 fuggì dalla Germania nazista, riparandosi prima in Svizzera e poi a Londra, dove divenne supervisore della progettazione grafica della casa editrice Penguin: a conferma che anche i tascabili possono essere "belli", se il progettista è uno Tschichold. Il libro si rivolge innanzitutto a designer e tipografi, ma anche chi ama i libri da semplice lettore può trovare spunti illuminanti nelle pagine teutonicamente cadenzate di Tschichold (per fortuna esiste il "copia e incolla" perché se ogni volta si dovesse riscrivere il nome del maestro tipografico sarebbe disperante inciampare in tutte quelle consonanti). Qualche esempio. Tschichold odia i libri quadrati in grande formato (più di 24 cm): non si sa come metterli sugli scaffali, sporgono sempre. Giustissimo. No all'abolizione dei rientri nella prima riga di ogni paragrafo: «Le aperture di paragrafo allineate a sinistra tendono a dare al lettore l'impressione di un discorso ininterrotto e che quello che sta leggendo sia un unico paragrafo, mentre un bravo scrittore stabilisce con grande cura le suddivisioni in paragrafi perché siano riconoscibili come tali». No alla carta di colore bianco, o addirittura bianco brillante: «Molto fastidiosa per gli occhi, un vero attentato alla salute pubblica. Una leggera colorazione (avorio o anche più scura, mai crema) non disturba mai ed è quasi sempre la soluzione migliore». A maggior ragione, no alle copertine bianche «anch'esse sconcertanti. Sono delicate come un vestito bianco». No alla mancata iscrizione sul dorso di libri che abbiano uno spessore superiore a 3 mm. No a dorsi piatti su libri rilegati: «I dorsi dei libri rilegati devono essere leggermente arrotondati, altrimenti il libro si deformerà dopo la lettura e le segnature centrali risulteranno sporgenti». No all'uso improprio di maiuscoletto, corsivo e virgolette. E si potrebbe continuare a lungo, ma ci divertiremmo troppo.
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