Per fare un video falso bastano solo tre euro
venerdì 14 maggio 2021
Sul telefonino c'è un video con il Papa che canta. Per la verità ce ne sono diversi dove canta. In uno Bamboleo dei Gipsy Kings, in un altro We are the champions dei Queen, in un altro ancora Happy Birthday. Di video così se ne possono creare quanti se ne vuole e con qualunque protagonista, famoso e non. Si realizzano, per esempio, con un'app per cellulari che costa 3 euro al mese «vi farà creare video divertenti». È vero che è anche divertente. Ma la facilità con la quale permette di realizzare video falsi la rende anche potenzialmente adatta a scopi molto meno divertenti.
Per dimostrarlo, durante un incontro, io stesso l'ho usata, realizzando video dove persone famose emettono suoni e pronunciano frasi imbarazzanti. Quando li ho proiettati (senza prima avvertire che erano video falsi), la platea è rimasta colpita («ma davvero hanno detto o fatto questo?»). E quando ho svelato che erano «fake», è rimasta colpita per la seconda volta («davvero è così facile ed economico creare un video falso?»).
Normalmente quando pensiamo alle manipolazioni digitali commettiamo due errori di valutazione. Il primo è credere che ognuno di noi abbia le stesse caratteristiche (anagrafiche, tecnologiche, comportamentali, culturali eccetera) e che quindi se non ci caschiamo noi il problema non esiste. Il secondo errore è dimenticare che al giorno d'oggi basta un niente per rovinare la reputazione di qualcuno a livello globale. Lo vediamo ogni giorno sui social, e non solo lì. Basta anche solo una frase estrapolata dal contesto per finire bersagliati da decine di migliaia di insulti di una violenza impressionante.
Provate, per esempio, a pensare cosa accadrebbe se sul web o sui social apparisse un video dove una persona famosa (scusate la volgarità, ma serve per rendere l'esempio) digerisce sonoramente. Realizzare un filmato così è semplicissimo: non servono nemmeno imitatori o frasi reali abilmente rimontate. Bastano pochi secondi e meno di 3 euro. E la persona al centro del video finirebbe quasi di sicuro nella gogna social senza avere fatto ciò che appare.
Il problema dei falsi è enorme e se ne discute da tempo. Perché è uno di quei problemi giganteschi con i quali avremo a che fare sempre più spesso. Già oggi ci sono programmi che con l'intelligenza artificiale creano foto di persone che non esistono, ma anche poesie, racconti, tesi, articoli e canzoni così reali da far pensare che siano stati prodotti da un essere umano. Ci sono sistemi che creano interviste audio e video false o filmati manipolati (anche pornografici) perfetti per rovinare la vita di qualcuno.
La questione, come accennato, è enorme. Non a caso l'Unione Europea l'ha messa in agenda, per creare una serie di regole precise che governino questo settore. Ancora una volta (come nel caso della privacy) in Europa siamo un passo avanti. Ma in un mondo sempre più connesso avere buone regole a casa nostra, non basta per metterci al sicuro.
L'associazione americana First Draft ha appena pubblicato un importante studio che tocca un tema correlato, tutt'altro che secondario: qual è il modo migliore per etichettare questi contenuti, così che tutte le persone (le più avvertite e le più fragili) comprendano senza ombra di dubbio che si trovano davanti a un contenuto falso e/o manipolato?
Mi permetto di aggiungere: e come possiamo contrastare efficacemente i gruppi che per denaro o per calcolo diffonderanno sempre più falsità, manipolando parole, immagini e opinioni di quelli che ritengono «avversari» per screditarli, visto che già oggi bastano 3 euro al mese per rovinare qualcuno?
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