martedì 2 febbraio 2016
Domenica “L'Osservatore” (p. 2): «Un giorno per la famiglia». Cronaca della «partecipazione ampia e trasversale» al Family Day con la riaffermazione, tratta da un'intervista ad “Avvenire”, del fatto che «Il Papa ha ribadito che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». In piazza per quella circostanza cittadini, credenti o meno, ma la Chiesa come tale resta maestra della Parola e non aggiunge, lì, altre parole. Lì, tra politica e diritto, è in discussione una proposta di legge che promuove esplicitamente quella «confusione» che «non può esserci» e quella piazza dice il suo “no”. Succede però che ti tocca leggere (“Manifesto”, 31/1, p. 3) che quella sarebbe «la Chiesa dei senza Bergoglio», che invece non esiste. La “novità” – almeno per chi scrive – è che questa volta la Chiesa come tale, nella sua dimensione istituzionale, non si fa trascinare in piazza, in qualunque piazza, da nessuno. Stavolta si discute questa proposta di legge e la Chiesa oggi ricorda quella Parola, ma come tale non si fa parte diretta in causa. Non si sa come andrà a finire nelle sedi previste; comunque non sarà vittoria o sconfitta della Chiesa, che come tale non fa le leggi civili. Con un pensiero “d'occasione”. Nel 1974 e nel 1981 fu diverso: si trattò di due leggi già democraticamente vigenti, e finì in modo che apparve una doppia sconfitta della Chiesa, perché in suo nome si giunse a scontrarsi nelle piazze. Oggi unicuique suum, a ciascuno il suo: nelle sedi dovute la Chiesa in uscita, viva nei Pastori e nei fedeli laici senza farsi strumento di nessuno insegna e convince annunciando quella Parola che – Lei lo sa – è salvezza per tutti, offerta con mano fraterna e mai prepotente. Essa è ospedale da campo, non bottega di merce da piazza convocata per umiliare fratelli.
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