sabato 1 dicembre 2018
«Le settimane dovrebbero avere più domeniche», pensavo quando uscivo al mattino e mi sembrava ingiusto lasciare l'ultimo sonno sul cuscino per salire sul tram che mi avrebbe portato a scuola. A sfogliare un album di foto dei miei tempi di studi sembra davvero che sia passato un numero infinito di anni tanto è cambiato il mondo sotto i nostri occhi. Quanto era lunga la mattina nelle ore di scuola quando temevo di essere chiamata dall'insegnante su un tema che non avevo studiato e quanto è breve invece oggi tra l'ufficio, la spesa da fare, la casa da riordinare, un figlio da andare a prendere, l'altro da accompagnare e un sorriso per il marito che rientrerà di cattivo umore. È difficile oggi mantenere una serenità di giudizio, una volontà e una speranza di migliorare ciò che avviene accanto a noi tutti i giorni. Sentiamo tuttavia di essere parte di un universo e meraviglioso è stato la notte scorsa vedere i tecnici che avevano lavorato per tanto tempo a quella sonda arrivata su Marte abbracciarsi in un grido di vittoria. Pochi di noi hanno assistito, davanti a una tv, a quel minuto intenso dove la paura, la speranza, la fatica di tanti, l'impegno economico e la fede di molti ci regalavano di nuovo la gloria e la speranza di essere figli dell'universo. Una vittoria che ci spingerà verso nuove ricerche: non possiamo credere che attorno a noi ci siano solo astri e mondi nati senza uno scopo, una verità. Questa strada sarà lunga e non facile, ma seguirla almeno con la curiosità, se non con l'interesse potrebbe allontanarci dalle nostre inutili guerre dove lo scopo è dividerci un fazzoletto di terra pagando con l'unica ricchezza che tutti possediamo in eguale misura: la vita. C'è anche da guardare con pietà a chi perde giorni e notti per ottenere un posto nella vita politica giudicandola una carriera invece di un sacrificio dovuto al bene comune. E forse questo giudizio sta crescendo in una parte della gioventù che rifugge da questa esperienza guardando più lontano. Ai nostri giovani infatti non interessa questa vita pubblica che abbiamo lasciato crescere come una vittoria personale gli uni contro gli altri. Essi credono a quella patria più vasta che avevamo promesso loro e che abbiamo lasciato a metà per inerzia, per incapacità di sacrificio, a volte per avidità, ma certo per mancanza di coraggio, di fantasia. Nostro compito è di consegnare loro quella strada dove i primi uomini europei De Gasperi, Adenauer e Schuman avevano incominciato a camminare dandosi la mano regalando alle giovani generazioni fantasi, intelligenza, volontà e coraggio, senza paura di sacrificio personale.
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