giovedì 1 settembre 2016
«Pecunia olet», proprio così, a casa nostra si usava rovesciare la povera sentenza di Vespasiano. Giravano altre considerazioni, tipo «il danaro danna» o ancora la medioevale, ma che risorgeva col sole, «il danaro è lo sterco del diavolo». Frasi un po' testoriane, autore poco frequentato perché non si sa creare intorno a lui un minimo di terreno fertile adeguato. Un cugino di mio padre, invece, raggiunse il più alto livello di una banca allora importante. Molti attraverso di lui diventavano bancari e poi direttori d'agenzie. L'uomo, peraltro galantuomo, fu così capace che, già strapensionato, gli gridavano da una specie di trombetta, nel suo orecchio impenetrabile, i quesiti finanziari a cui lui dava competente responso. Il corteo del suo funerale sembrò quasi la manifestazione di un improbabile sciopero dei bancari. Un nostro amico diceva ironicamente «Un bravo ragazzo va a lavorare in banca, uno intelligente studia filosofia». Consigliarono ripetutamente a mio padre di lasciarsi aiutare bancariamente, fresco d'estate e caldo d'inverno. Non ci fu verso. La mamma misurava tutto con la sua interpretazione delle pagine del Vangelo. Alle volte ci sono proprio destini inconciliabili fra di loro. Cerco di immaginarmi manager bancario, ma mi prende uno humor un po' macabro. Oh, quanto è stato meglio di no!
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