giovedì 19 ottobre 2017
«Due parole in croce» (“Lettura del Corsera” 15/10, p. 13: «Dio non si fa vedere»). L'amico e collega Accattoli ragiona su due parole, una di papa Francesco, «Bisogna chiedere a Dio che si faccia vedere», e l'altra di Joseph Ratzinger, «Signore Gesù, mostrati di nuovo al mondo in quest'ora». D'accordo, ma con un'avvertenza antica come la Rivelazione ebraico-cristiana intera e luminosa per tutti i tempi, anche per oggi. Vero che il Dio di Abramo, Isacco e Mosè non è presente in immagini, ma parla (Dt. 9, 4: «Voi non avete visto un'immagine, ma avete udito una voce») e si rivela vivo nella sua «immagine somigliantissima» che è l'uomo (Gen. 1, 26). Un Dio muto è «idolo», ma il Dio di Israele parla, e chiede di essere riconosciuto nella sua immagine viva che è la creatura umana: questo infatti è il «Codice di santità» (Lev. cap. 19)! E poi? Poi, e siamo al Nuovo Testamento, Gesù di Nazareth è «immagine di Dio invisibile» (Col. 1, 15 e 2Cor. 4, 4), Figlio dopo la morte risorto e vivo, ma che non si mostra più e vuole essere riconosciuto presente nella triplice realtà della Parola, dell'Eucaristia e del Prossimo. Ecco perché parla e si offre a chi vuole ascoltarlo e riconoscerlo come inizio di vita eterna fin da quella terrena, ecco perché si identifica con l'uomo indifeso e scartato, e nella solenne dichiarazione che rivela il criterio unico di salvezza si identifica con gli ultimi, i piccoli, i poveri: «Lo avete fatto a me!» (Mt. 25). Allora d'accordo con l'amico Accattoli, ma con l'avvertenza antica che si mostra anche nei “due” dei quali ha ripreso «Due parole in Croce». La lezione di Benedetto per «il primato della carità», che ravviva «la priorità della fede» – sono le ultime righe del suo ultimo messaggio da Papa, 11/2/2013) – è ribadita nel modo più evidente in tutto il ministero petrino di Francesco dalla sua sensibilità di fondo per gli ultimi: che diventano primi.
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