martedì 18 ottobre 2022
Se anche il
Corsaro nero piange, può piangere pure Paola Egonu. Il Corsaro salgariano, per non tradire un giuramento, deve tradire l’amore; Paola, dopo aver portato la Nazionale in semifinale collezionando record, sbaglia la schiacciata decisiva, proprio come Baggio nel 1984 a Pasadena sbagliò un rigore, uno solo, ma “quello”... Passata la nottata, entrambi riprenderanno le loro scorrerie, nel Mar dei Caraibi e sui parquet. Per una volta, i quotidiani sembrano non fermarsi alla superficie ma scavano, con delicatezza e comprensione. Qualche frase che puzza di razzismo? C’è e ci sarà, perché sempre ci sarà qualche imbecille sui social e nei palazzetti. Ma deve aver ragione Riccardo Signori (“Giornale”, 16/10): «Paola, stavolta non è questione di pelle, ma di stress». Ed è bello che i commenti più significativi siano di donne. Ricorda Emanuela Audisio sulla “Repubblica” (17/10): «Anche le WonderWoman hanno bisogno di rifiatare e riaggiustarsi». Gaia Piccardi sul “Corriere” (17/10) vede una Egonu «crocifissa dal tribunale dei social e inchiodata dal proprio giudice interiore», in una «storia di umana fragilità», ed evoca l’ombra della depressione. Sulla “Stampa” (17/10) la discobola azzurra Daisy Osakue scrive un commento che è un abbraccio: «Immagino sia stato lo stress». Dopo «molte emozioni contrastanti, è crollata». Confida: «Mi ha commosso». Raccomanda: «Quando la “gente” ti ferisce Paola dovrebbe ricordare che, su dieci persone che ti attaccano con commenti negativi, altre mille tifano per lei». Ma alla fine non sminuisce il problema: «Esiste ancora il razzismo? Purtroppo sì (...). I muri del pregiudizio non cadranno facilmente (...). Ci aiuterà l’intelligenza della società civile». Intelligenza significa anche comprendere che per molti campioni lo stress può essere l’avversario peggiore. Quanti campioni all’improvviso “scoppiati”. Gaia Piccardi ricorda anche il caso del giovanissimo tennista Lorenzo Musetti, talento puro, sabato scorso a Firenze. E conclude con una carezza a Paola: «Accettare di essere donna senza effetti speciali e mascara, di poter mandare in tribuna la palla senza sentirsi mortalmente sbagliata: la strada (stretta) della guarigione passa da lì. Il primo perdono è personale, non collettivo. Tu vai avanti che noi ti seguiamo, amatissima Paolo Egonu». © riproduzione riservata
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