giovedì 28 febbraio 2019
«Non è bene che l'uomo sia solo!». Parola antica, quasi eterna. Forse è bizzarro riferirla anche ai giorni appena vissuti dell'incontro in Vaticano sulla «tutela dei minori», e alle parole di Francesco sulla Chiesa come «madre», con il suo ribadire finale sulla «cocciuta speranza» e mettere il tutto accanto alle tre relazioni ufficiali lì presentate da donne, la collega Valentina Alazakri, suor Veronica Openibo e Linda Ghisoni, sottosegretaria del Dicastero per i laici. Rileggo i loro testi e capisco perché un collega vaticanista come Riccardo Cristiano, che so guardare non del tutto dall'interno alle cose di Chiesa, ha scritto di «Papa Francesco e la lezione di femminismo alle femministe» nel suo parlare di «Mistero femminile della Chiesa che è sposa e madre». Le donne, per il semplice fatto che nella Chiesa parlano in prima persona con il loro essere donne mostrano vero quanto dice il Papa "refrattario" alle ideologie quando annota che nel mondo certo femminismo «finisce in machismo con la gonna...». E il collega poi aggiunge: «A me sembra che il vero femminista sia lui, che vede nelle donne le portatrici di una cultura che può avviare un processo di autentica trasformazione sociale». Questo ovviamente ovunque, ma dunque forse anche e soprattutto nella «Chiesa sposa e madre»? Non è pensiero frequente. Mi tornano in mente le prime parole con cui Teresa di Lisieux nel settembre 1896 inizia la ricerca della sua totale vocazione. Era già «Carmelitana, sposa e madre!», ma la sua lezione è che non le bastava: voleva essere "«di più»! Quanto presente e quanto futuro in queste parole! La vocazione dell'umanità è sempre più alta. Perciò, a conclusione, Francesco ha evocato una «cocciuta speranza», quella «che non delude» (Rom. 5, 5). Favole? "Osservatore, 26/2, p. 11: leggo che il Direttore ricorda che esse «si raccontano per dire ai bambini che i draghi ogni tanto possono essere sconfitti».
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