martedì 28 settembre 2004
Rimproveriamo spesso alla gente di parlare di sé; ma è l"argomento che sa trattare meglio! Devo a un lettore di Brindisi questo aforisma: egli, però, non sa chi sia l"autore. E" ciò che posso dirgli io: si tratta dello scrittore francese Anatole France (1844-1924) nel suo saggio La vie littéraire. Egli applicava questa battuta soprattutto ai letterati ma, in realtà, siamo in presenza di un vizio ampiamente praticato da ogni tipo di persone. Quante volte ci capita di annoiarci a morte sentendo infiniti racconti che un altro fa delle sue vicende. Eppure, quante volte abbiamo ammorbato anche noi gli altri con le nostre storie, i nostri giudizi, le nostre considerazioni. Solo che noi non ci accorgevamo della noia altrui, presi come eravamo dal piacere sollecitato dal nostro pavoneggiarci o almeno dal nostro presentarci come uomo o donna ricchi di esperienze.Merita, allora, di essere meditato un altro detto di un altro francese che è stato spesso ospite in questa nostra rubrica, il pensatore moralista del Seicento François de la Rochefoucauld, che nelle sue Massime consigliava: «L"estremo piacere che proviamo nel parlare di noi stessi deve farci temere di non darne affatto a chi ci ascolta». La sobrietà e l"autocontrollo nel parlare ci eviterebbero non solo talora dei veri e propri guai ma anche, più semplicemente, ci difenderebbero da figure meschine. Certo, dire di noi e delle nostre opere e pensieri è la cosa più facile, l"argomento che meglio conosciamo. Ma non siamo il centro del mondo, e neppure una realtà così importante da farlo zittire per ascoltarci.
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