giovedì 24 aprile 2008
«Le parole americane riguardano anche noi»: così qui Carlo Cardia (22/4, p. 1). Aldo Maria Valli ("Europa", p.1) ricordando che i giornali americani hanno scritto «Pope of hope» (Papa della speranza) scrive che le giornate papali in America «hanno fatto bene a tutti» e si chiede: «La vecchia Europa ne avrà preso atto?» A guardare certa stampa italiana i dubbi sono forti. Sì: tanto in tema "pedofilia", e finalmente anche "Repubblica" " non "Unità", "Manifesto" e "Liberazione", però " ha preso atto che Joseph Ratzinger da sempre, anche prima di essere Papa, è fermissimo sul tema" Di più: trovi che su "La Stampa" ha avuto spazio malizioso la «crostata di mele» cui neppure laggiù il Papa avrebbe «voluto rinunciare», che i soliti hanno deplorato il silenzio su Olimpiadi e Tibet, maliziando per giorni sull'intenzione della Chiesa di influenzare il voto americano, ma hanno fatto silenzio su cose essenziali, per esempio glissando per opposti interessi sul fatto che per ben tre volte, e solennemente anche nell'ultimo saluto ufficiale, il Papa ha preso chiarissima posizione sul tema immigrazione e accoglienza ricordando non solo il comando biblico, ma anche la storia degli Usa, nati proprio dall'immigrazione. Sui giornali americani la cosa ha avuto enorme rilievo, da noi quasi nullo, e sono rimasti tra le righe anche i grandi temi sociali del discorso alle Nazioni Unite" Proprio perciò " caso limite " mentre "Il Messaggero" (22/4, p.1) titolava "Fidel Castro ringrazia il Papa", "Liberazione" (p. 9) riassumeva allegramente: "Il Papa che ha fatto pace con Bush strizza l'occhio alla destra di Dio". Che miseria!
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