giovedì 8 agosto 2019
Martedì festa della Trasfigurazione e ricordo della morte di Paolo VI (6/8/1978). Il suo segretario, monsignor Macchi, ha raccontato che in quel momento squillò sul comodino una piccola sveglia... Morire è anche “svegliarsi” di nuovo per vedere meglio, e tutto. Tra tante pagine, leggo sulla prima de “L'Osservatore” il direttore Andrea Monda che con titolo «Mite e rivoluzionario» ricorda, tra altro, che il piccolo Giovanni Battista Montini nacque il 26 settembre 1897. Qui aggiungo che fu battezzato nel pomeriggio del 30 settembre, stesso giorno e stessa ora in cui a Lisieux “entrava nella vita” Teresa del Bambino Gesù che disse di offrire le sue sofferenze per i bambini battezzati in quel giorno: segno, per chi vuole, anche di una misteriosa Provvidenza... Torno a “L'Osservatore” e mi colpisce il titolo: «Mite e rivoluzionario». Montini rivoluzionario? Parlare di “rivoluzione” è sempre impegnativo: anche il Concilio ha segnato una “rivoluzione”, e Paolo VI ne fu guida attenta e responsabile. Servirà anche ricordare che a lungo sui muri di Roma, e non solo, manifesti integralisti lo offesero per anni anche chiamandolo “Maolo sesto” (sic!). “Rivoluzionario”: lo hanno detto anche di Gesù, e in tempi non tanto lontani il termine suscitava inquietudini anche dove non avrebbe dovuto. Sorrido – ora – e ricordo che attorno al 1977 in una omelia usai questa parola per Vangelo e Concilio. Scandalo! Fui chiamato dal mio Ordinario che mi rimproverò severamente. Acqua passata? Pare di sì, ma non del tutto se guardiamo anche alle cronache ecclesiali di oggi... In realtà con l'annuncio del Vangelo e nei secoli anche con la realtà che la Chiesa ha vissuto, vive e vivrà fino alla fine dei tempi, averne coscienza è capire tante cose anche del presente: sperare, pregare e amare restano la condizione perenne di chi crede nel Vangelo di Gesù e nella sua Chiesa viva fino alla “Trasfigurazione” di tutto.
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