Limiti? Qualche pagina non ne ha. Nicola Tranfaglia ("Unità",10/7, p. 26) titola "L'orologio fermo di Ratzinger" un forsennato sproloquio sgrammaticato ove un paio di errori di sintassi precipitano due periodi nel non senso (forse mancano "ogni" e "per", Ndr), il cognome del Presidente della Repubblica è sbagliato, su certi aggettivi e parecchi pensieri ridi per la foga e rifletti per il vuoto di contenuti. A Tranfaglia - pensate - "sembra impossibile che oggi la Chiesa cattolica adotti ancora un linguaggio come quello di Benedetto XVI". Vorrebbe dettarlo lui? E perché? Perché è sicuro: "il mondo è cambiato" e invece "la Chiesa è ferma ad una morale del periodo preilluministico". Beh, se apre gli occhi, Tranfaglia, vedrà che il mondo, pur cambiato, non gira tutto con lui, e senza tornare al periodo preilluministico. E così leggi certe righe e pensi alla simpatica figura del "vecchietto" stralunato dei film western degli anni '60: vivacizzava la trama, faceva ridere, ma prenderlo sul serio era un disastro. Invece non fa ridere per niente, stesso giorno, l'astuto doppio registro di "Repubblica" (p, 37): "Spagna, il Papa prova a dialogare". A prima vista quello positivo: il Papa "non ha mai usato a Valencia parole aggressive, non è salito in cattedra per scagliare fulmini. Convincere, non bacchettare è stato il suo approccio". Ma l'altro registro, che spiega tutto, è veleno puro: "Una scelta voluta. Con il governo spagnolo sono in ballo le trattative per l'ora di religione e per i finanziamenti alla Chiesa. Il Vaticano non ha interesse ad alimentare lo scontro". Chiaro? I soliti preti: prima le convenienze, poi le convinzioni!
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: