martedì 7 giugno 2016
«La democrazia senza velo» (“Repubblica”, 4/6). Leggi Paolo Flores d'Arcais e per l'ennesima volta trovi che certa passione, detta a torto “laica”, toglie lucidità. Lui racconta soddisfatto che in Belgio hanno licenziato una donna che durante il lavoro portava il velo islamico. Discussioni? In Belgio tante, per Flores nessuna: il luogo di lavoro è «pubblico, un bene comune e deve appartenere a tutti», con un simbolo di appartenenza religiosa «quello spazio è sottratto a quanti non vi ricorrono, confiscato e privatizzato»! Lui accusa il «multiculturalismo di sinistra», oggi «in buona compagnia, il Papa nientemeno». Nientemeno! Dopo una scarica di colpe di Papi recenti mescolati addirittura alle SS, l'accusa a Francesco che «manda in estasi fior di “laici” in debito di “Senso” e marrani del valore fondante… della sinistra», che sarebbe l'uguaglianza. Per Flores questo Papa «ha affatturato anche pensatori un tempo di riferimento come Habermas», ma lui no! Lui vuole «una laicità coerente e adamantina… alla francese», pur con qualche correzione cui provvederà egli stesso, e per finire accusa i «fin troppi presidenti americani» che sono stati bigotti. Non sei sorpreso, e non ti sorprende neppure che sul sito di “Micromega”, dove è l'originale, su 11 primi commenti il più positivo per lui gli dà del reazionario, tutti gli altri dissentono. In realtà, a pensarci bene, Flores pare dimenticare che quella donna il velo – il velo, non il burqa! – lo mette su una sola testa, la sua, ove un ebreo può mettere la kippah e una cristiana può mettere una croce sul collo, il suo, che resta tale anche fuori casa, in spazio pubblico… Caro Flores, lei da anni pare uno che scrive e ragiona con un suo “velo” personalissimo, e fisso. La firma è sua e la solfa rende: libero ritornello, che alla fine danneggia chi lo suona imperterrito.
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