martedì 4 maggio 2010
A Torino è in corso l'ostensione della Sindone, e domenica c'era anche il Papa. In tema venerdì sulla "Stampa" (p. 42) Mimmo Gangemi dà un annuncio clamoroso: «È stato un calabrese a trafiggere Gesù»! E sebbene sabato, su Avvenire, ne abbia già scritto a dovere Mario Iannaccone (p. 25), ci torniamo su. Racconta dunque Gangemi che in una scuola presso Melito, in Calabria, la frase «Militum unus occidit Christum» fu così tradotta da un alunno pasticcione: «Uno di Melito uccise Cristo». Sorride, Gangemi, e corregge l'errore: «Uno dei soldati uccise Cristo»! Ma da esso prende spunto per "rivelare" che la centuria al servizio di Pilato era proprio calabrese, quindi «il merito di aver ucciso Cristo» col colpo di lancia è dei calabresi, anche se c'è qualche pretesa dei messinesi. Tutto un sorriso furbo, il pezzo, che mette dentro anche gli ebrei e la Shoà, e impazza sulle "leggende" dei Vangeli e sulla datazione scientifica della Sindone al 1300 inoltrato" Che dire? In realtà ride chi legge attentamente il pezzo, che è costruito sul falso della traduzione iniziale. Che però è doppio: asineria "uno di Melito", ma anche "uno dei soldati". In latino "Unus militum" è "uno solo dei soldati"! E c'è di più. Gesù dunque ucciso dal "colpo di lancia"? No. I Vangeli dicono che era già morto! In sostanza: a Torino in vista della domenica della Sindone la p. 42 della "Stampa" si affida a fantasie sbilenche, partendo dall'alunno somarello davanti alla professoressa, che saggiamente «preferì il riso all'indignazione culturale». Come i lettori. In latino i giornali sono "ephemèrides", proprio "effimeri": durano un solo giorno! Anche meno.
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