giovedì 25 settembre 2014
È una di quelle scoperte che cambiano la storia. Anzi, di storie ne cambierà tante, vicende personali che non finiscono sulle antologie, se non quelle dedicate ai casi clinici. Per la prima volta al mondo, all'ospedale Le Molinette di Torino e al Sant'Orsola di Bologna è stata sperimentata con successo la dialisi polmonare. Un metodo «da premio Nobel», lo definisce Marco Ranieri, direttore della Terapia intensiva universitaria, in grado di cambiare il destino dei malati di broncopneumopatia cronica ostruttiva, una patologia che si avvia a diventare – nel 2015 – la terza causa di morte più frequente in Occidente. La dialisi polmonare è un sistema che al pari della dialisi renale permette di rimuovere attraverso un ossigenatore e un emofiltro parte dell'anidride carbonica nel sangue. A tutt'oggi, i pazienti che soffrono della malattia, quando arrivano al pronto soccorso con gravi difficoltà respiratorie, vengono trattati con la ventilazione non-invasiva, cioè una maschera collegata a un ventilatore meccanico che applica volumi di aria che rimuovono l'anidride carbonica dai polmoni e riducono la fatica respiratoria. In un caso su quattro, il trattamento non è sufficiente, bisogna comunque ricorrere all'intubazione. Manovra che fa aumentare il rischio di morte fino a cento volte. Il sistema mini-invasivo sperimentato a Torino e a Bologna riduce il rischio di intubazione, dal 33% al 12%, e le conseguenze negative che ne derivano. Più ossigeno nei polmoni, più ossigeno alla speranza.
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