sabato 19 dicembre 2020
Quanti alberi pieni di luci colorate nelle grandi e piccole piazze dei paesi e delle città. Ma quante lacrime negli ospedali, nelle case, nelle foreste, sulle spiagge lungo il mare. È il pianto del mondo che per la prima volta ha la stessa ragione di essere. Un lamento comune, forse il primo dalla creazione della nostra terra. Sapevamo di terremoti, di movimenti di vulcani, di epidemie che avevano distrutto paesi e civiltà, ma niente era fino ad oggi entrato in ogni piega della terra con la velocità del respiro di un fuoco. Un castigo, un avvertimento, una spinta ad aiutarci uno con l'altro, una richiesta da parte di tutta l'umanità a camminare verso un futuro comune di pace? Di fronte alle bare coperte di fiori, accompagnate da preghiere, a chi viene raccolto nelle foreste o sul confine del mare senza un pianto di un amico non abbiamo saputo ancora trovare la ragione di un simile male che si è diffuso con tanta velocità senza risparmiare un angolo del mondo. Per un attimo, un tempo breve, ci siamo sentiti poveri di speranze e di aiuto, ma l'animo umano, ricco di coraggio e di forza di volontà, ha aperto una strada per vincere questa battaglia come quelle già vinte nei decenni passati. Oggi abbiamo reali speranze e prove di vittoria su questo virus e qualcosa forse è cambiato anche nel nostro atteggiamento di fronte alla vita. Il ritiro faticoso da rispettare, le ore di silenzio o la stanchezza di condividere con i più giovani della nostra famiglia le stanze, gli oggetti, la loro vitalità che ha bisogno di spazio: forse tutto questo ci lascerà un sentimento più vero per accogliere le idee degli altri, per non credere che l'età sia sempre dalla parte della verità. È stata ed è ancora una grande prova di generosità e di condivisione: abbiamo scoperto come il vicino di casa o di strada può esserci amico, come noi stessi siamo capaci di dividere il nostro tempo
con che non ha nessuno, con quel tipo di umanità che da anni vediamo negli angoli delle nostre strade, ai quali ora riusciamo a dare la mano, non solo a gettare una moneta nel piattino che ci viene offerto. Forse questo sentirsi figli e fratelli davanti al dolore, alla perdita di parenti o amici ci ha dato la misura di essere uomini e donne di eguale dignità per ragione di vita. Questo vento di dolore e di morte che riusciremo di certo a vincere lascerà all'umanità intera un nuovo modo di ragionare. Ci porterà alla conoscenza più profonda dell'animo umano, ci darà capacità di condividere la pena con gli altri, anche sconosciuti ed a considerare amico per sempre chi si è occupato di noi quando eravamo in un letto bianco senza speranza. Una grande immensa lezione di uguaglianza e di carità che è l'anima della vita, di cominciare a comprendere che essere fratelli non è solo avere un padre in comune ma saper condividere pene e gioie, salute e sorrisi, speranza e lealtà. Chi si è salvato si fermerà a guardare indietro con nuova coscienza la propria strada e forse troverà sotto all'albero di Natale una ragione più forte e più vera per camminare tenendo la mano aperta a chi ha meno fortuna e meno coraggio.
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