venerdì 18 aprile 2008
Il campionato della politica è finito e posso affrontare un problema che mi sta a cuore senza correre il rischio di derive demagogiche di stampo elettorale. Penso al calciomercato che impazza, conquistando spazi privilegiati nei telegiornali e nelle prime pagine con sparate euromilionarie che danno dell'Italia l'idea di essere ancora - se mai lo è stata - il Paese di Bengodi. Si annunciano provvedimenti severi per il contenimento della spesa; si invocano calmieri per fermare i prezzi; il costo della vita mette a grave pregiudizio l'esistenza delle classi più umili: e tuttavia i pedatori - soprattutto esotici - sono presentati stilando una classifica che privilegia non la bravura ma il costo, secondo un antico adagio - "chi più spende meno spende" - brutalmente cancellato dalla realtà. Fosse un gioco da ricchi, il calcio, potrei disinteressarmene: ma la sua gente è quella che da sempre fa sacrifici per tirare avanti e per acquistare il biglietto per lo stadio o l'abbonamento alla pay tv. Basta guardare gli stadi vuoti nelle occasioni "normali", pieni solo per gli eventi eccezionali, per capire che non sta scomparendo la passione ma il denaro. E tuttavia i presidenti e i loro golosi collaboratori paiono non avvedersi di quel che sta succedendo e sparano cifre iperboliche per l'acquisto di presunti campioni o di lussuosi "scarti" altrui per affrontare con la solita faccia tosta un altro campionato di follie con la scusa che dobbiamo armarci per affrontare - ad esempio - il calcio inglese, ritenuto più forte perchè più ricco. Secondo me il successo di club come Manchester, Liverpool e Chelsea - tanto per dire chi domina l'attuale Champions - è di natura soprattutto tecnica; se anche volessimo attribuirlo ai quattrini, dovremmo innanzitutto riferirci ai magnati esotici che hanno acquistato i club profittando della crisi finanziaria del calcio britannico. Come sta succedendo con la Roma, contesa da gruppi interessati non tanto allo sport quanto a un nuovo business che assicuri guadagni concreti e non vantaggi politici. Per i piccoli club invece, la gestione oculata degli acquisti e degli ingaggi è vitale, forse indispensabile. Vorrei che si capisse come la popolarità e la simpatia con cui è stato accolto Mario Balotelli non sono motivate soltanto dalla sua incontestabile bravura ma dal fatto che l'Inter straricca non l'ha pagato nulla, dando nuovo spazio ad antichi sogni che i ragazzini coltivano sin dai primi calci insieme ai tifosi per i quali il gioco del pallone è una bella favola. Se non bastassero questo per invocare un calmiere alle follie del calciomercato, ne farei infine una questione di buongusto. Il calcio-business, lo showbitz, fatica a rifarsi la faccia dopo gli scandali: l'occasione è buona per cogliere l'ammirazione della gente semplice e di quanti sono nauseati dalla insensibilità dei privilegiati. C'è anche la Casta del calcio: smantelliamola.
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