sabato 7 aprile 2018
Il primo vero colpo al mercato del pallone fu quello di Attilio Fresia che nel 1913 passò dall'Andrea Doria al Genoa per la somma, allora immensa, di 400 lire. Ma non fu questo il suo vero primato, bensì quello di essere stato il primo calciatore italiano a sbarcare oltre Manica per entrare nelle fila dei prestigiosi "Royals", il club inglese del Reading. Bastò una amichevole contro i maestri britannici perché gli emissari di Sua Maestà chiamassero alla corte del football il prode Attilio. Nella valigia ripose gli scarpini, una giacca, una cravatta e un dizionario. Il suo vocabolario british era di quattro parole appena, ma in compenso in campo sapeva farsi capire. Essendo molto tecnico però, appena scendeva la classica pioggerellina inglese e il campo si faceva fangoso il buon Attilio "spariva" e i fini, quanto perfidi, critici d'Albione sentenziarono: «Fresia è utile solo sui terreni asciutti, ma quasi inutile su quelli pesanti». Bocciato, se ne tornò in Italia a insegnare calcio per poi ripartire per l'ennesima avventura straniera, destinazione: Brasile. Allenatore del Palestra Italia, il futuro Palmeiras, con cui conquistò il primo scudetto paulista nel 1920. A San Paolo sperava di guarire, era malato di bronchite cronica e tubercolosi, ma le cose peggiorarono e fece rientro a Modena dove a soli 32 anni volò via per sempre, come quel primo pallone calciato su un prato verde d'Inghilterra.
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