venerdì 10 settembre 2004
Il Dio vivente è sempre stato un Dio nascosto. Non c'è da aspettarsi che risponda alle nostre chiamate. Tutti sanno che per misurare la profondità del mare è sufficiente inviare onde sonore e controllare il tempo di attesa per l'eco. Il fatto che non si riceve alcuna risposta è una prova che la richiesta ha raggiunto la sua destinazione: l'infinito. Qualche mese fa sono stato, per una conferenza, a Cortona, invitato dal Comune di quella splendida città toscana. Nell'occasione l'assessore alla cultura mi ha consegnato, proprio per il "Mattutino", questa bella considerazione simbolica dello psichiatra e psicoterapeuta viennese ebreo (famoso il suo Uno psicologo nel lager) Viktor Frankl (1905-1997). Il "Dio nascosto" di isaiana memoria non risponde su comando, come fosse un oggetto magico manipolabile. Era lo stesso Isaia a ribadire che le «sue vie sovrastano le nostre vie e i suoi pensieri sovrastano i nostri pensieri» (55,9). Questa apparente "indisponibilità" ai nostri calcoli e ai nostri progetti è il segno della sua trascendenza, del suo essere infinito ed eterno. Tuttavia egli non è muto, non è una voragine tenebrosa o «un arruffio di fili di cui non si vede il bandolo», come diceva del dio Enlil un antico testo sumerico. Egli rompe il suo silenzio, interrompe la nostra quotidianità, irrompe nella nostra storia e, in modo inatteso e improvviso, parla ai cuori e alle menti. Purtroppo spesso noi continuiamo a lanciargli le onde sonore delle nostre domande ma non ascoltiamo il lieve sussurro delle sue risposte.
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