mercoledì 15 aprile 2015
Quando Luca e Saverio furono avvicinati da un non vedente che chiedeva aiuto per attraversare la strada intuirono che un modo per dare senso al fatto di essere ingegneri biomedici poteva essere la realizzazione di una tecnologia che aiutasse quotidianamente queste persone nella loro vita.Dal casuale episodio è nato Horus, un dispositivo indossabile sulla montatura degli occhiali di chi è affetto da disabilità visiva che "vede" ciò che c'è intorno e lo racconta. Due mini-telecamere inquadrano la realtà circostante, un programma analizza le immagini e descrive quel che vede emettendo una voce a conduzione ossea che viene percepita dal non vedente. Il campo di azione è molto vasto: dal riconoscere i segnali stradali all'indicare la presenza di strisce pedonali, dall'identificare volti e oggetti al leggere un libro, o la data di scadenza di un prodotto. Tutte operazioni abbastanza comuni e frequenti, ma che diventano conquiste per chi la vista non la possiede. Ora Luca, Saverio e Benedetta – tutti giovani liguri – hanno creato un'azienda start-up con l'obiettivo di far conoscere questo progetto. L'Unione italiana ciechi e l'Associazione per la retinite pigmentosa della Liguria stanno dando suggerimenti per migliorare la tecnologia.Il dispositivo prende il nome dalla divinità che nella mitologia egizia aveva riportato in vita il padre donandogli il proprio occhio. Un aiuto per "vedere" che diventa occasione di vita: è la scommessa di questi tre ragazzi che nel "vedere bene" il mondo dei non vedenti sognano di consentirgli un'esistenza più semplice.
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