sabato 21 gennaio 2017
Basta fare un giro nelle nostre città, di sera, per scoprire che l'umanità costretta a usare la strada come abitazione si è visibilmente moltiplicata negli ultimi anni, rappresentando (in modo fisico) la sconfitta dei nostri modelli di crescita. Eppure i clochard rappresentano solo la punta di un enorme iceberg: nel 2015 sono state registrate in Italia come "poveri assoluti", che vivono nella miseria, circa 4,,6 milioni di persone. Il loro numero è più che raddoppiato dal 2007 al 2014, passando dal 3,1 al 7,6 per cento della popolazione: la Grande Crisi del Duemila ha lasciato dietro di sé in Italia molte più "vittime" che negli altri Paesi europei. In parallelo, nel nostro Paese la disuguaglianza tra ricchi e poveri (che pure era diminuita stabilmente negli anni Ottanta e Novanta) ha raggiunto un livello fra i più elevati in Europa: il 10% delle famiglie più ricche detiene oggi 6,6 volte il reddito del 10% delle famiglie più povere. E il pensiero economico internazionale è ormai concorde: livelli così elevati di povertà e di disuguaglianza, almeno nel medio termine, indeboliscono anche la capacità di crescita di un Paese. Proprio come sta accadendo all'Italia, inchiodata da 20 anni in coda alle classifiche di sviluppo dell'Occidente.

Tutto, o quasi, ruota intorno al lavoro e alla formazione. La perdita del posto, l'incapacità o l'impossibilità di riqualificarsi, la precarietà estrema del lavoro sono nella grandissima parte dei casi le ragioni più profonde dell'emarginazione. E anche di quella "rabbia a prescindere", che porta verso una protesta sociale e politica che è sempre più difficile incanalare in forme di partecipazione.
In questo scenario – come hanno ricordato di recente le 35 associazioni firmatarie della "Alleanza contro la Povertà in Italia", tra cui Acli e Caritas – l'Italia è rimasto l'unico Paese europeo nel quale lo Stato non fornisce alcun aiuto alle persone in povertà assoluta. È un vuoto che dev'essere colmato al più presto, dando molta più velocità alle risposte della politica. Per farlo la legge delega contro la povertà – in discussione in Senato – andrebbe trasformata in un provvedimento subito attuativo, come questo giornale chiede da settimane e come ha dichiarato la stessa relatrice Annamaria Parente. L'obiettivo è introdurre rapidamente in Italia un reddito d'inclusione sociale, da congegnare però non come semplice sostegno economico ma soprattutto come strumento per trovare un lavoro. Perché per battere la fame, subito dopo avergli offerto un pesce da mangiare, è necessario dotare l'affamato della canna da pesca.
@FFDelzio
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