sabato 20 febbraio 2016
Ieri anche su “l'Unità” grande rilievo al fatto che Francesco «non si immischia» nella politica italiana. Parrebbe scontato, ma fa piacere che se ne accorga anche quell'antica e gloriosa testata. Del resto proprio lì giorni fa (17/2, p. 15) era forte il richiamo: «Nelle città candidature portatrici della cultura del nuovo Ulivo». E già: l'Ulivo nacque, pochi anni fa, con l'esplicita professione di un incontro di culture, visioni ideali, grandi princìpi tutti rispettati alla loro sorgente, e in parità. Vale ancora? Qualche dubbio è lecito… Ieri, per esempio, in prima c'era la vignetta di Staino, da sempre alla fine uguale a se stesso: «Dieci anni fa moriva Luca Coscioni…E siamo ancora nelle mani di Bagnasco»! Sarebbe questo, il «nuovo Ulivo»? O quello per il quale l'altro ieri, sempre “l'Unità”, in tema di «civiltà» c'erano 9 (nove) articoli (pp. 1, 2 intera con tre pezzi, 3, 4 intera, 14 e 20) tutti a senso unico? O può farne parte anche chi su certi problemi la pensa come Bagnasco e come il Papa, che su questi la pensano cristianamente e civilmente allo stesso modo? Non immischiarsi è un dovere, per uomini di Chiesa, ma non può voler dire che non si ha diritto di pensare in un certo modo, che magari ad altri non piace. In democrazia tutti i cittadini, di tutte le culture presenti da noi hanno diritto a pensare come la loro coscienza suggerisce, e di votare in conseguenza. Se su alcuni problemi, nel caso citato sull'eutanasia o su altri, gli italiani cittadini o parlamentari da loro eletti la pensano in maniera diversa dal povero Coscioni ciò non vuol dire che sono «nelle mani» dei vescovi, ma solo che qualcuno li convince più di altri, e nell'esercizio della libertà tutto viene in conseguenza. Immischiarsi sarebbe un'altra cosa. È successo in passato? Non succede più. A ciascuno libertà e coscienza: vince chi convince. Chi non convince non dia colpa ad altri.
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