domenica 2 marzo 2014
L'interesse che i giornali dedicano agli avvenimenti religiosi può essere considerato per un verso positivo ma, per un altro, motivo di riserve e critiche. Ecco alcuni casi della settimana scorsa. La Repubblica ha recensito (venerdì 28) il libro del responsabile della sala stampa del Sacro Convento di Assisi (padre Enzo Fortunato, Vado da Francesco, Mondadori), che fornisce un elenco di imprevedibili visitatori della tomba del Santo: non turisti né curiosi, ma mossi da altri motivi palesi o nascosti ma intuibili. Qualche esempio: i cantanti Patti Smith e Bruce Springsteen, Enrico Berlinguer, il presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky. Quest'ultimo disse al frate: «Voi fate bene a definirci non credenti, ma se scavo nel mio cuore credo di trovarci delle sorprese». Al Santo andò anche Roberto Benigni, che pochi giorni dopo – racconta fra' Fortunato – «scrisse un messaggio sulla pace per il sito “sanfrancesco.org”» che diceva: «La Povertà genera Amore, la Carità conduce all'Estasi. Se metti insieme le quattro iniziali delle virtù che sopra ho diviso, ne nasce un'altra: Pace, che vola senz'ali verso le porte del Paradiso». Fin qui tutto bene. Su Il Foglio, invece, e a commento di una lettera critica verso il Concilio perché trattò non di dottrina ma solo di pastorale, Giuliano Ferrara aggiunge: «”Dottrina” è parola consunta, ma pastorizia è sciatta, mentre dottrina sa di vangelo e scrittura, meno noiosa della pastorizia, sibbene angelica». Per lanciare i suoi prodotti Tim usa, su Repubblica, una finta prima pagina dominata da un titolone che dice «La nuova Chiesa di papa Francesco» (non sa che è sempre nuova). Stessa aggettivazione («nuova») adoperata dal Fatto Quotidiano per screditare, invece, «la solita Opus Dei». Ancora: Il Giornale dà grande rilievo a «Cosa è rimasto dopo il ciclone di Ratzinger», mentre Libero proclamava (12 febbraio) che «le dimissioni del Papa forse non sono valide, Benedetto ha un segreto». Interpellato da La Stampa su questa e altre precedenti sciocchezze simili, il Papa emerito risponde, con una lettera, che «la rinuncia è valida. Assurdo speculare sulla mia decisione». Volgare e testardo, però, Libero stravolge la risposta in modo da poter attribuire a Benedetto una irriferibile qualifica dialettale lombarda, che – s'inventa l'autore del falso scoop – i suoi consiglieri vorrebbero che si conosca. Come accade sempre, però, quando lanci in alto del fango, questo poi ti ricade addosso. PLEBISCITI E PLURALI* Su Left (”Sinistra”, in inglese, che fa più effetto), rivista radicaleggiante allegata all'Unità del sabato, il segretario dell'Uaar (Unione atei agnostici razionalisti) afferma che il Concordato è «da abolire» e a questo fine ha messo in rete una petizione sottoscritta da «oltre ventimila cittadini»: lo 0,03 per cento della popolazione. Un vero plebiscito.* L'oncologo Umberto Veronesi lancia, su Repubblica, un «appello per liberalizzare la cannabis. Basta con le demonizzazioni. Se si deve ricorrere al proibizionismo significa che abbiamo fallito nella nostra azione educativa». Giusto e raccomandabile anche per i troppi divieti ancora esistenti per legge: di rubare, truffare, imbrogliare, ricattare, rapire, inquinare, uccidere le donne (ma anche gli uomini) e via dicendo. Se si deve ricorrere al Codice Penale, significa che abbiamo fallito nella nostra azione educativa... Lo aboliamo?* Sul Corriere della sera l'etologa inglese Jane Goodall, che studia i comportamenti degli scimpanzé, sostiene che «non è così ben definita la linea che ci separa dal regno animale». Per favore, parli per sé e senza usare il plurale maiestatis.
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