giovedì 15 dicembre 2005
«Il Papa invoca il disarmo, ma contro la guerra non è come Wojtyla»: titola così ieri "L'Unità", sul messaggio papale per la Pace. Promuove Benedetto XVI, sì, ma col "debito". Meglio Giovanni Paolo II: quello sì, bravo, chiaro, determinato! Nostalgie singolari. Ma non era, "Wojtyla", quello che di recente", per mesi "L'Unità" accusava tra virgolette, falsificando testi e intenzioni, di volere "i cattolici in politica per imporre la fede"? Non era "il Medioevo più la Tv", "conservatore", "nemico delle donne", "oscurantista", "integralista", "legato ai traffici della lobby vaticana", dimentico della realtà viva di uomini e donne, soffocatore della libertà nella Chiesa e persino nella disgraziata Italia, "dependance" del Vaticano? Già. Qualche nostalgia è almeno sospetta. Anzi, velenosa e falsificante, l'altra "nostalgia" esibita di recente (8/12) su "Repubblica" (p. 20). Titolo: "Se la Chiesa si allontana dall'esempio di Wojtyla". Ecco l'inizio: "La Chiesa italiana sta sperperando un tesoro e non se ne accorge" sta trascurando il grande patrimonio di credibilità, attrazione e fascino che papa Wojtyla aveva accumulato in un quarto di secolo in un mix personale di fede, testimonianza, gratuità ed essenzialità del messaggio". Ma non è stata per anni anche "Repubblica" ferocissima contro Giovanni Paolo II, nemico della scienza, del progresso, della libertà umana, magari annunciandone e pregustandone già nel 1993 - nero su bianco, stessa firma - la fine? Già. Per la Chiesa si parla bene dei morti per dir male dei vivi. Si faceva anche nei Paesi dell'Est. Ma al rovescio.
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