domenica 10 luglio 2016
«Seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri». Così ad Abramo che cercava una tomba per sua moglie Sara – è scritto in Genesi 23,6 – risposero gli Hittiti. Siamo nel XIV secolo prima di Cristo e questa è la prima delle 58 volte in cui l'Antico Testamento parla di sepoltura. E nel quinto secolo, in Grecia, Sofocle narrava le mitiche vicende di Antigone che a Tebe, per dare sepoltura al fratello Polinice, sfida la legge del re Creonte, il quale vuole invece, per odio, lasciarlo esposto alle fiere e agli uccelli. Gli antichi erano più civili di chi ha condannato «il recupero della nave-bara» dov'erano rinchiusi i corpi di centinaia di migranti, perché «costosa», «non serve a nulla» (Il Giorno, lunedì 4) ed è solo una « operazione di recupero incomprensibile e propagandistica» (Libero, giovedì 7). La sepoltura dei morti appartiene alla storia dell'uomo ed è stata accolta come una delle sette Opere di misericordia corporale: «Dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati… seppellire i morti» (Catech. di Pio X e CCC, 2447). Voglio dare atto a Corrado Augias, che, invece, giustifica pienamente quel "recupero", ricordando che le centinaia di salme, ancora prigioniere nella stiva del loro barcone, erano state abbandonate e non «sepolte in mare», come si faceva quando le navi non potevano conservarle a lungo e riporta un episodio poco noto: «La salma dell'ammiraglio Nelson, colpito a morte a Trafalgar, venne immersa in una botte di rum affinché si conservasse fino a Londra». Nella tradizione marinara il rum era prezioso e quella volta sostituì i frigoriferi.BESTIE UMANE?Certi media mostrano una ben scarsa concezione dell'uomo come persona che resta creatura divina e immagine di Dio anche nel più barbaro delitto. Definire «macelleria islamica» opera «delle bestie islamiche», come Il Giornale (domenica 3) titola la sua prima pagina, e definire gli italiani (governo e popolo) «buonisti da macello», come Libero fa per le vittime di Dacca e tutte le altre vittime del terrorismo musulmano è mortificare l'idea stessa di uomo. Ugualmente Il Giornale parla anche di «una bestia italiana» che uccide un profugo. Si capisce, allora, che una giusta reazione difensiva diventi, per il medesimo quotidiano, una doverosa «vendetta». Davvero odio genera odio e morte. E allora? La giusta risposta arriva sulla Stampa (lunedì 4) da don Luca Monti, parroco ad Avellino e fratello di Simona, la mamma che portava in grembo la decima vittima della strage bengalese: «Il dolore per tutti noi è infinito. Mia sorella era incinta... Ma all'odio rispondiamo con il Vangelo del perdono».DIFFERENZELogica ma triste conclusione: dalla Stampa (mercoledì 6): «Galline o esseri umani non fa differenza: siamo stati tutti in un uovo». Non è vero: lo zigote non è un uovo. La differenza c'è.
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