sabato 23 maggio 2015
Tre “B” in pagina. L'altroieri sul “Manifesto” (pp. 1 e 5) Marco Bascetta: «Per la Cei le persone non fanno nulla»! In Senato «mons. Giancarlo Bregantini a nome della Cei» ha detto che «reddito minimo garantito… ma anche cassa integrazione, intesi come puri progetti assistenzialisti» possono diventare «incentivi a “non fare niente”». Scandalo? Per Bascetta ciò dimostra che la Chiesa pretende di essere l'unica a fare assistenza, come monopolio clericale. E non basta: questo vorrebbe anche dire che per la Chiesa chi non ha lavoro «non fa niente», quindi sarebbe una persona senza valore alcuno, perché così il valore delle persone si deciderebbe solo nel loro fare. E arriva la bacchettata: «È davvero sconveniente che una istituzione che pone la “persona” al centro di tutto la identifichi poi (solo) con il “lavoratore” certificato dalle tabelle Istat e riconosciuto dalle aziende…». Seguono altre strattonate, pesantine. Leggi e dici un paio di cose. Primo: forse Bascetta ignora del tutto la realtà di Bregantini, che pur… bacchetta: una “persona” che avendo vissuto a lungo e lavorato da operaio-prete in fabbrica, conosce bene dall'interno il mondo del lavoro e la sua dignità. E ancora peggio: non riesce a capire che chiedere che il reddito minimo garantito non sia solo un'elemosina statale, ma coinvolga in progetti formativi e di bene comune vuol dire rispettare la persona proprio per quello che è. Il prete operaio, figlio e fratello di contadini, diventato vescovo non lo ha dimenticato, e le sue parole lo dicono chiaro. Bascetta non si è nemmeno accorto che le parole di Bregantini – vicine a quelle del presidente della Cei Bagnasco (terza B! Qui, ieri, p. 9), a sua volta figlio di operaio – danno “cornice” alla proposta di un reddito sociale di inclusione avanzata dall'Alleanza contro la povertà (unisce organizzazioni cattoliche e laiche) che nasce proprio nella saggia convinzione che «nessuno vuol vivere di assistenza». Qualche giornalista fa eccezione?
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