venerdì 17 febbraio 2012
A Petrucci non sono andate giù due cose, dopo il “no” del premier Monti a Roma 2020: il richiamo insistito dei media a ipotetici brogli di presunte cricche che, operose in passato, avrebbero potuto inquinare anche l'Evento proposto dal Coni, e la risposta negativa del premier arrivata indelicatamente all'ultimo minuto. Ha ragione, il leader maximo dello sport italiano, a respingere l'accostamento a scandalose vicende del passato prodotte da altre istituzioni e da altri protagonisti; ha invece sottovalutato il “no” preventivo del Governo pervenuto attraverso un'anticipazione del Corriere della Sera, ovvero il suggerimento a puntare piuttosto alle Olimpiadi del 2024 collegate all'Anno Santo del 2025. L'idea «suggerita» dal Palazzo era stata troppo frettolosamente scartata e non era stato colto l'implicito consiglio a rinunciare al 2020. A cose fatte, resta il richiamo di Monti alle gravi difficoltà economiche del momento ribadite anche in sede europea: il Professore temeva di essere bombardato di critiche dai media e dal mondo degli sportivi e ha invece ottenuto un vasto consenso mediatico e popolare. Sarebbe tuttavia sbagliato archiviare la pratica senza reindirizzare al Governo - e in particolare al ministro Gnudi che si è detto pronto alla bisogna - richieste di interventi inderogabili già rinviati dai precedenti esecutivi: e mi riferisco all'impiantistica indegna di un Paese che da anni coglie risultati di prestigio in tutte le discipline, alle Olimpiadi come ai Mondiali. Giace in Parlamento la legge sugli stadi e mai come in questo periodo il calcio ha subito le intemperie stagionali a causa di impianti obsoleti; così come è atteso da anni un intervento statale per risanare impianti decrepiti destinati ad altre discipline sportive e per realizzare finalmente un rapporto efficace fra Sport & Scuola. Gnudi ha promesso interventi. Visto che appartiene al governo del fare l'attendiamo alla prova. Consolo gli amici sportivi rammaricati dal veto ai Giochi ricordando due storici rifiuti opposti ad altrettante candidature: il primo è datato 393 d.C., quando il Vescovo di Milano Aurelius Ambrosius - Sant'Ambrogio - impose all'Imperatore Teodosio l'abolizione delle Olimpiadi ormai corrotte dal denaro e dal malcostume degli atleti; il secondo fu pronunciato agli inizi del Novecento dal sindaco di Roma, Nathan, quando, ereditata la guida della città e la candidatura olimpica, trovò le casse comunali vuote e decise di sospendere la distribuzione gratuita della trippa ai gatti randagi della Capitale. Ovvio, dunque, il no al Barone De Coubertin. Si dice ancora nun c'è trippa pe' gatti. È singolare che questo poco noto dettaglio sia stato scoperto dallo storico Mario Pescante. Evidentemente se n'era dimenticato.
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